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martedì 4 agosto 2009

Paesaggi, mostra d'arte contemporanea a Cagli



UBALDO BARTOLINI - ETTORE SORDINI

Paesaggi

7 agosto - 13 settembre 2009

inaugurazione venerdì 7 agosto ore 18

Palazzo Pubblico - Sala Dell'Abbondanza
Comune di Cagli

orario di apertura: agosto 10.30 - 12.30 16.30 - 19.30; settembre 16.30 - 19.30
ingresso gratuito

organizzazione: Associazione Culturale BelloSguardo, Cagli

in catalogo testi di Fulvio Abbate e Erminia Gelso


Cosa accomuna le opere di questi due pittori? Il tema, ovviamente… ma si sa quanto poco sia importante esso in arte. Cosa giustifica l’accostamento allora? Nulla, proprio nulla e sarebbe questione senz’altro oziosa andare alla ricerca di punti di contatto o di momenti di armonica coincidenza. Direi che, in virtù della vicinanza materiale di queste opere, due mondi cessano di essere paralleli e finalmente si toccano… non senza stridore. A questo punto sono solo differenze… Si prenda in esame un singolo elemento della composizione pittorica, ad esempio la linea: essa è ovviamente protagonista, ma il modo di trattarla è (di nuovo) opposto: Sordini opta per linee diritte per rappresentare ampi spazi, come le marine o i paesaggi… (eppure le linee dell’orizzonte sono curve e il loro destino è quello di ricongiungersi, di conchiudersi); le sue linee rette partono da un infinito che è oltre la cornice… il quadro rappresenta il breve istante in cui la retta si mostra all’occhio prima di rigettarsi nell’inconoscibile, che è sempre troppo oltre per poterlo racchiudere… e il quadro, in tal modo, asseconda la visione distorta e limitante dell’occhio e la sua utopica tendenza verso l’infinito (di contro alla finitezza delle linee del mondo) e nello stesso tempo denuncia l’infinita piccolezza umana… se vediamo retto ciò che in realtà è un arco di circonferenza è perché siamo davvero troppo limitati per avere una visione totale del grande cerchio del mondo. Il tutto è detto con autentica serenità e con la rassegnazione quasi divertita di chi sa che l’opera è provvisoria e dura giusto il tempo della visione; tale sconcertante semplicità evita le blandizie intellettuali e si rivolge direttamente all’occhio, ma poi allo spirito, allora accade qualcosa di imprevisto… una certa mimesi è raggiunta: contemplare queste tele è davvero come contemplare un paesaggio: stesso senso di smarrimento e di limitatezza, ma anche stessa ostinata speranza che tutto sia a nostra misura. Bartolini utilizza per lo più linee curve, accettando così la “realtà sferica”. Copia le regole e se ne serve, non per strappare un pezzo di mondo, ma per crearne uno totalmente “altro”, conchiuso (come un cerchio), che si esaurisce in sé e non chiede nulla di più alla realtà… la cornice funziona da circonferenza (archetipo stesso della chiusura e del “raccoglimento”, secondo la lezione di Vasilij Kandinskij) e divide nettamente e inesorabilmente lo spazio interno da quello esterno. Tutto inizia e finisce lì: è olografico e ogni pennellata sembra riprodurre l’intero. Il quadro tende la mano all’astante e lo invita a entrare e, perché no, a perdersi, chiedendogli di fare esperienza, in tal modo, della propria totalità, suggerita dalla grande dovizia di particolari. Ma l’uomo è, stavolta, troppo ingombrante perché il suo “soggiorno” duri a lungo e si resta con l’amaro in bocca… la visione si ferma sull’occhio e sembra adattarsi perfettamente alla sua sfericità (“e avremo occhi rotondi come il mondo” P. Éluard). L’opera è eterna: posta l’ultima pennellata un universo è stato creato e durerà anche oltre la nostra visione. E può anche darsi che alla fine qualcuno la trovi una qualche analogia (in fondo una retta potrebbe diventare tangente a una circonferenza) ma attenzione… tutto è a caso!

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