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mercoledì 7 gennaio 2009

Pergola, "Un devastante luna park eolico sulle nostre colline"


dal network Squola

Che l’amministrazione Borri avesse poca dimestichezza con la Costituzione Italiana lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle e sulle nostre fedine penali. Non ci attendevamo quindi che nessuno dei nostri amministratori si fosse spinto fino alla lettura del secondo comma dell’articolo 9 “La Repubblica (…) tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

Ed era abbastanza evidente fin dall’inizio del suo mandato pieno, quando ad una settimana dal voto amministrativo, contro ogni raccomandazione dell’ANCI, garantì i cavatori della Buzzi Unicem, con un svincolo per qualche centinaio di migliaia di metri cubi di breccia. Non era che l’inizio.

Ripulita l’anima in chiave ambientalista con una conversione (ambigua e latitante..) stile “via di Damasco” in funzione evidentemente elettorale, l’opaca amministrazione si è distinta per autorizzazioni e piani edilizi strutturati sui più audaci desideri di costruttori. Fortunatamente la crisi economica e immobiliare in particolare, hanno stoppato le devastazioni.
Ammettiamo che Borri e co. sono in buona compagnia. Se non fosse per l’arroganza, la chiusura e la scarsa trasparenza, potremmo far rientrare tranquillamente la giunta pergolese nella malapolitica che fa da padrone nelle nostre tristi terre.
Terre dove i cavatori scrivono la legge regionale sulle attività estrattiva, l’API il piano regionale energia, i partiti di governo locale cedono la gestione di vitali servizi pubblici a multi servizi di proprietà di altri enti locali dello stesso colore. Conta solo far girare il denaro. La capannonizzazione selvaggia della valcesano (riconoscibile per i caratteristici cartelli “vendesi o affittasi”), le devastanti giostre pseudosciistiche sull’autodromo in cui hanno trasformato il monte Catria, il proliferare di seconda, terza, quarta casa, lo spuntare di strade, autostrade, superstrade ed elettrodotti.
Per la rielezione conta una sola cosa: far girare denaro ed assicurarsi favori. In maniera legale, para-legale, illegale. E la crisi non aiuta.

Rimpiangiamo le visionarie intuizioni di Sir Keynes (l’idea di un intervento pubblico in funzione anticongiunturale pagando dei lavoratori che scavano buche..e altri che le riempiono).
In un eccesso di miopia economico-politica, a questa crisi strutturale del sistema capitalistico, si continua a dare risposte inadeguatamente cicliche. Un “keynesismo della ruspa” decisamente fuori luogo. Con probabilità suggeriti da potentati economici in affanno, si stanno ponendo le premesse per un devastante piano di infrastrutturazione e grandi opere; la mano pubblica che rilancia l’economia nei momenti di crisi. Gli interventi pubblici cosi strutturati, non solo risultano inutili, ma spesso pongono delle pregiudiziali per qualsiasi ipotesi di uno sviluppo strutturalmente compatibile. I deliri di cui parliamo vanno sotto il nome di MOSE, TAV, Ponte sullo Stretto, etc.

Altro aspetto sono i fondi (nazionali e comunitari) destinati alla quota di energie rinnovabili. L’unico aspetto che sembra interessare alle amministrazioni infatti è l’opportunità di incassare i finanziamenti. E l’estemporaneità sta lì a dimostrarlo.
Ne l’illuminazione pubblica ne tanto meno quella dei palazzi amministrativi è informata al risparmio energetico, o alla metanizzazione dei mezzi pubblici, la coltivazione dei tetti al fotovoltaico, eppure sta per sorgere sulle nostre colline un devastante lunapark eolico.

Ma perché non un civilissima campagna per la coltivazione di tutti i tetti a fotovoltaico, un progetto per l’autonomia energetica pubblica (vedi progetto del comune di Monte Porzio), un progetto strutturato per l’educazione energetica nelle scuole?? Per un particolare odio per l’ambiente? No semplicemente perché insegnare il rispetto per l’ambiente e alle future generazioni non crea arricchimento privato.
Ma esaminiamo i motivi della nostra contrarietà.

Tra le diverse forme di energia rinnovabile, le attuali esigenze di mercato, in assenza di una reale pianificazione, favoriscono quasi esclusivamente lo sviluppo di impianti industriali per la produzione di energia eolica di medie e grandi dimensioni. Gli aerogeneratori di medie dimensioni hanno pali o tralicci alti 30-40 metri ed eliche con pale di 20-25 metri di lunghezza; quelli di grandi dimensioni hanno il traliccio di sostegno alto oltre 60 metri ed eliche con pale di 30 metri ed oltre. E già esistono aerogeneratori di dimensioni ancora maggiori. Gli aerogeneratori utilizzati hanno potenze che vanno da 1 MW fino a 3 MW. Ogni centrale eolica è composta da un numero di aerogeneratori variabile, mediamente, dai 10 a 50.
L’attuale livello tecnologico, ma anche le stesse esigenze di mercato, impongono però che l’energia prodotta dalle centrali eoliche venga immessa direttamente nella rete elettrica nazionale la quale, per limitare il rischio di frequenti black-out, può “sopportare” solo una piccola porzione, valutata intorno al 10-15%, di energia derivante da fonti “intermittenti”, come è quella eolica.
Il rischio, pertanto, è quello di saturare con la sola energia eolica la “quota” di energia producibile attraverso le fonti intermittenti, precludendo in tal modo ogni possibile sviluppo, anche sperimentale, di altre fonti rinnovabili tra le quali, in primo luogo, l’energia solare “primaria”, rappresentata soprattutto dall’energia fotovoltaica e da quella termodinamica. Inoltre, il limite imposto dalla rete elettrica, anche in considerazione del fatto che l’energia elettrica rappresenta solo una parte dell’energia totale consumata (basti pensare che in Italia solo i trasporti incidono per oltre il 30% sul consumo totale di energia), implica che il contributo dell’energia eolica alla diminuzione dei gas “serra” è trascurabile.
E’ dimostrato, infatti, che le centrali eoliche possono produrre un generale degrado ambientale sul territorio interessato e in quello limitrofo, generato da una serie di fattori diretti e indiretti, spesso difficilmente valutabili in sede di progettazione. Tra i principali ricordiamo l’impatto paesaggistico (aerogeneratori visibili a grandi distanze, strade camionabili, elettrodotti e strutture connesse alle linee elettriche esistenti) quindi quello idrogeologico (estrazione degli inerti, sbancamenti, strade transitabili agli autocarri, basamenti in cemento, erosione del suolo, degrado della vegetazione, inquinamento del sottosuolo). Importante e da valutare l’impatto sull’avifauna stanziale e migratoria (mortalità diretta, sottrazione di habitat, disturbo dovuto al movimento delle pale e alla maggiore frequentazione dei siti, possibili modifiche delle rotte migratorie); rischi ambientali indotti dalla proliferazione di strade (discariche abusive, bracconaggio, incendi, ecc.). Il principio di “precauzione” imporrebbe inoltre uno stop alle istallazioni almeno fin quanto non siano disponibili dati attendibili su inquinamento elettromagnetico e acustico.
In considerazione di quanto esposto riteniamo che sul nostro territorio (come paradigma dell’intera superficie nazionale) , tra le varie produzioni possibili di energie alternative, quella eolica è quella che crea il maggior impatto ambientale, a fronte di una trascurabile riduzione di “gas serra”.
Le nostre aree pre-appenniniche risultano troppo delicate per ospitare centrali eoliche sui propri rilievi.
L’implementazione di aereo generatori sull’Appennino e pre-appennino umbro-marchigiano, potrà produrre gravi ripercussioni negli equilibri ecologici, paesistico-ambientali e socio-economici del territorio, aggravate dalla mancanza di una seria pianificazione energetica a livello nazionale e regionale.


Gli ambiziosi obiettivi del protocollo di Kyoto, che prevedono per l’Italia una riduzione del 6,5% nell’emissione di “gas serra” entro il 2012, possono essere raggiunti solo attraverso un notevole impegno su più fronti, come quelli del risparmio energetico, della riduzione e razionalizzazione dei trasporti, dello sfruttamento dell’energia solare primaria.
Nella lingua giapponese il vocabolo “crisi” e quello “opportunità” vengono tradotti con un unico ideogramma. La drammatica crisi globale potrebbe rappresentare, se giustamente interpretata, una vera grande opportunità per un cambiamento radicale di sistema, verso uno più “compatibile”, equo e democratico. Partendo dal principio che non tutto ciò che viene spacciato per “ecologico” è in realtà “compatibile” ma solo un’altra faccia dello sfruttamento umano e ambientale.

Spazio Pubblico Pluri-sgomberato SQUOLA – Comunità Resistenti delle Marche
“19.12.05-08 tre anni senza spazi sociali – potete sgomberare un palazzo, non una idea”
www.squola.org

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