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mercoledì 13 gennaio 2010

Marotta e Mondolfo, Enrico Vergoni: "Più poteri e responsabilità per integrare gli stranieri"


Dal prossimo anno scolastico scatterà il tetto del 30% per gli alunni stranieri nelle classi. La decisione del Ministro Mariastella Gelmini, non trova d’accordo il consigliere comunale Enrico Vergoni.
“L’idea di fondo è che gli immigrati sono troppi e che dunque bisogna eliminarne una parte per integrarli meglio. Nell’ultimo decennio abbiamo assistito a un vorticoso e repentino aumento delle presenze di stranieri.
Nel 2008 rappresentavano il 7,2% della popolazione nazionale; le stesse cifre si riflettono a livello regionale. Idem nel Comune di Mondolfo dove gli immigrati sfiorano quota 1000. Non si riesce a capire, o non si vuole, quanto sia utile la scuola al di là della semplice didattica: offre infatti occasione di confronto e di stimolo, di curiosità verso l’altro. Non si può non negare che la presenza di bambini, figli di immigrati possa rallentare lo svolgimento dei più tradizionali programmi ed è vero che una scuola dove ci sono livelli diversi e lontani tende a modularsi sul livello più basso. Ma è un problema che riguarda la didattica e gli insegnanti che in tutta Europa vengono qualificati al contrario che in Italia dove sono chiamati “fannulloni” e addirittura gli si vuole imporre l’esame di dialetto.
Il governo vuole che gli stranieri rimangano stranieri, non capendo che solo la scuola può integrarli, soprattutto concedendogli la cittadinanza e i conseguenti diritti civili, anche perchè dove possono imparare ad amare il nostro Paese se non a scuola?
Mi viene in mente il rifiuto, quarant’anni fa, dei governi democristiani al tetto nelle classi per gli studenti figli di immigrati dal nostro meridione che emigravano al nord per lavorare nelle grandi fabbriche. In quella classe dirigente c’era la consapevolezza che il compito della scuola è proprio unificare il paese. La nostra sfida deve essere di rendere possibile che il bambino figlio di immigrati che nasce oggi nell’ospedale di Fano e che tra qualche giorno verrà per la prima volta nella sua e nostra città possa essere nel 2040 un professionista o un lavoratore specializzato, ben lontano dagli stereotipi del delinquente che vive di espedienti o del venditore di strada.
Noi amministratori locali chiediamo più poteri e responsabilità: dall’implementazione amministrativa delle regolarizzazioni alla gestione dell’accoglienza e dell’integrazione dei nuovi arrivati in virtù di quel principio della sussidiarietà, di matrice cristiana prima ancora che comunitaria, secondo cui l’intervento della mano pubblica deve attuarsi al livello più vicino al cittadino, e soprattutto servono fondi maggiori per una programmazione troppo latente”.

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