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mercoledì 13 gennaio 2010

In Provincia di Pesaro e Urbino nel 2009 hanno chiuso ben 1220 imprese artigiane. Una vera e propria strage


E’ una vera e propria strage di imprese. A suffragare le infauste previsioni dello scorso autunno sull’andamento della situazione economica in provincia di Pesaro e Urbino, anticipate in più occasioni dalla CNA, arrivano ora anche i dati ufficiali. In base a quanto registrato proprio in queste ore dalla CPA (la Commissione Provinciale dell’Artigianato) della Camera di Commercio, nel 2009 hanno chiuso i battenti ben 1.220 imprese artigiane. Una dato impressionante se si considera che il totale delle imprese iscritte all’Albo supera di poco le 14mila unità (14.156 per l’esattezza). Se lo trasformiamo in termini percentuali significa che nel solo periodo che va da gennaio a dicembre 2009 sono rimaste sul campo quasi il 10% del totale delle imprese.

“Una vera e propria strage - commentano il presidente provinciale, Giorgio Aguzzi ed il segretario, Camilla Fabbri - che indica quale sia la portata di questa crisi. In questo momento colpisce soprattutto una cosa: il silenzio e l’indifferenza che spesso accompagna l’uscita di scena di tanti piccoli imprenditori. Un silenzio assordante che deve far riflettere tutti perché in questi anni gli artigiani ed i piccoli imprenditori hanno rappresentato la forza e la ricchezza di questo territorio”.

“Sono numeri sconcertanti - ribatte la presidente della CNA di Pesaro, Sabina Cardinali nonché vicepresidente della Cpa - che non hanno eguali dal dopoguerra ad oggi. Una provincia che ha quasi sempre visto crescere il numero di imprese oggi si trova a dover fare i conti con un esercito di ex imprenditori. Persone che dall’oggi al domani si trovano senza più un’attività che magari hanno costruito con fatica negli anni”.

Se si dovesse tradurre tutto secondo la logica dei numeri significa che in provincia di Pesaro (considerata una media di 2,7 dipendenti per impresa artigiana), hanno perso il posto di lavoro quest’anno 3.200 persone. Ma è un calcolo ovviamente empirico che deve tener conto in parte delle iscrizioni all’Albo che quest’anno sono state 859. Nel saldo tra nate e cessate, il segno meno si attesta a ben 361 imprese che rimane comunque il più negativo a livello regionale e che si traduce in almeno un migliaio di posti di lavoro persi.

“E’ chiaro - aggiunge Sauro Sintini, membro della Cpa - che in molti casi si tratta di aperture dettate dalla necessità. Ex dipendenti che decidono di tentare di avviare un’impresa individuale, oppure ex titolari di imprese con dipendenti che magari tornano a lavorare in proprio. In molti casi si tratta di iscrizioni a “rischio” dettate cioè più dalla stato di necessità che da una vera e propria convinzione imprenditoriale”. Nella mappa della crisi i settori più colpiti rimangono quelli della meccanica, della nautica, del mobile, dell’edilizia, del tessile-abbigliamento e dell’autotrasporto”.


“Di fronte a questi dati – concludono la Fabbri ed Aguzzi - la CNA fa appello alle istituzioni ed ai parlamentari eletti nei nostri collegi affinchè si prenda atto della drammatica situazione e si trovino assieme alle associazioni di categoria delle soluzioni in grado di aiutare da subito la piccola impresa. Un esempio? Cominciare ad affidare appalti pubblici dei Comuni di importo inferiore ai 500mila euro ad imprese locali, oppure l’immediata ’attuazione da parte dei Comuni del Piano casa. L’ennesimo appello è rivolto anche agli istituti di credito, soprattutto a quelli locali, che in questa fase devono aiutare concretamente la piccola impresa e non invece contribuire ad affossarla definitivamente”.

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