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giovedì 10 dicembre 2009

Osservazioni sulla centrale turbogas di Corinaldo del Prof. Antonio Levy, fisico di Mondavio specializzato in inquinamento atmosferico



Dal sito www.fuoritempo.info

Pubblichiamo con molto piacere le osservazioni del Prof. Antonio Levy sulla centrale turbogas di Corinaldo. Il Prof. Levy, cittadino di Mondavio, è un fisico specializzato in inquinamento atmosferico.
Queste osservazioni, depositate al Comune di Mondavio e Monte Porzio, sono a disposizione della collettività.



Sulla base della mia esperienza lavorativa specifica, ho formulato alcune osservazioni sullo studio di impatto ambientale:

•il deficit di produzione sulla domanda di energia elettrica della Regione Marche (intorno al 50%) è ampiamente compensato dalla produzione energetica in senso complessivo con la presenza della Raffineria API;

•le utenze elettriche industriali presenti nella regione non sono poche, concentrate e bisognose di grandi potenze, ma numerosi centri con esigenze che possono essere soddisfatte da sistemi di produzione medio-piccoli, quindi non si intravede la razionalità di una produzione centralizzata di energia elettrica di grande potenza (quasi 1000 MWe) nel territorio marchigiano.

•Al contrario risulta molto più proficuo un sistema energetico di produzione diffusa e differenziata, come prefigurato nel PEAR (Piano Energetico Ambientale Regionale), a valle di un programma di razionalizzazione dei consumi energetici in generale ed elettrici in particolare, che presentano nella Regione Marche ampi margini di risparmio e crescita di efficienza.

•Il presunto aumento del fabbisogno nazionale di energia elettrica nel futuro è del tutto opinabile, vista la progressiva trasformazione delle caratteristiche produttive, con progressivo abbandono delle industrie di base fortemente energivore e aumento delle industrie manifatturiere con moderne tecnologie a basso consumo elettrico. Inoltre è noto il rilevante sottoutilizzo degli impianti di produzione elettrica esistenti.

•L’argomento della dipendenza dall’estero di fonti energetiche dovrebbe suggerire proprio l’opposto della costruzione di una grande centrale alimentata da gas naturale di importazione; inoltre il problema energetico nazionale non riguarda tanto la componente elettrica, quanto i consumi globali, nei quali riscaldamento e trasporti costituiscono la voce principale.

•Le ulteriori due considerazioni riportate nella Sintesi non tecnica (liberalizzazione del mercato e l’uso di sistemi a basso impatto ambientale) suggeriscono opzioni del tutto alternative alla grossa centrale, nella direzione appunto delle produzioni differenziate e diffuse, possibilmente con l’impiego di fonti rinnovabili (anche in linea con la politica di riduzione dei gas climalteranti).

•Il criterio di sostenibilità ambientale della realizzazione della Centrale deve tenere conto della capacità dell’ambiente di sostenere gli impatti e di garantire la disponibilità di risorse, senza precludere la possibilità di altri insediamenti futuri con maggiori opportunità occupazionali di quanto offra questa Centrale (solo 20 unità circa stabili e forse altrettante nell’indotto). I flussi di massa degli inquinanti atmosferici, i livelli di rumorosità prodotti dal sistema di raffreddamento e i quantitativi di acqua prelevati possono costituire criticità in tal senso.

•La componente atmosfera è quella soggetta all’impatto igienico sanitario più significativo a causa delle emissioni di inquinanti atmosferici in quantità rilevante, soprattutto gli ossidi di azoto. Inoltre, per la dimensione dell’impianto e per la conformazione orografica del sito interessato prevalentemente da circolazione di brezza, l’emissione di ingente quantità di calore determina una stratificazione termica che in molte condizioni meteorologiche limita il rimescolamento verticale delle masse d’aria e la diluizione degli inquinanti nei bassi strati, con conseguente accumulo e stagnazione degli inquinanti emessi della centrale stessa e delle altre sorgenti presenti nelle vicinanze (in particolare la fornace di San Michele al Fiume). Sotto questo profilo lo studio di impatto ambientale presenta importanti lacune sul piano sia conoscitivo che metodologico, qui di seguito illustrate:

1.Non è stata effettuata la caratterizzazione della qualità dell’aria del sito mediante misure di concentrazione dei principali inquinanti atmosferici, da effettuarsi in diversi punti sia lungo il fondovalle sia sui rilievi che si troveranno direttamente investiti dal pennacchio emesso dai due camini.

2.Tali misure dovranno riferirsi almeno a NO/NO2/NOx, PM10/PM2,5, O3 e avere durata adeguata (almeno 1 mese di misura per ogni campagna) e riferirsi ai diversi periodi stagionali dell’anno, con contemporanee misure meteorologiche, almeno di direzione e intensità del vento e temperatura dell’aria sia in fondovalle che sui rilievi. Queste misure potranno fornire indicazioni sulla situazione attuale ante operam, e permetteranno di valutare la sostenibilità ambientale delle immissioni di una sorgente della dimensione della Centrale in progetto. Ai fini delle applicazioni modellistiche di cui al punto seguente, è necessario disporre anche di stime dei profili verticali delle grandezze meteorologiche rilevanti.

3.La stima dell’impatto in fase di esercizio, come eseguita nello studio di impatto, è stata effettuata in modo inadeguato per la scelta del modello gaussiano e per avere trattato in modo insufficiente le condizioni di stabilità atmosferica e di circolazione al suolo e in quota. La dimensione dell’impianto richiede l’impiego di un modello ricostruzione del campo di vento e un modello dispersivo di altro tipo che tenga conto dell’orografia e della dinamica dispersiva. Pertanto si ritiene necessario riformulare i calcoli previsionali, tenendo conto anche delle risultanze dei monitoraggi da effettuare, che forniranno dati meteorologici significativi e valori del fondo di qualità dell’aria pertinenti. L’applicazione dei modelli deve anche trattare adeguatamente i profili termici e anemologici verticali.

4.L’emissione di una così elevata massa termica produrrà certamente condizioni di “trapping” (inversione termica in quota e condizioni di elevato rimescolamento nello strato sottostante) che potranno comportare livelli di concentrazione elevati in condizioni meteorologiche sfavorevoli; pertanto si considera importante studiare accuratamente condizioni di questo genere per le quali, da questo punto di vista, un’altezza dei camini di soli 50 m costituisce un elemento di possibile criticità. Peraltro anche ipotizzare camini di altezza sensibilmente superiore può comportare altro genere di criticità.

•Lo studio di impatto ambientale riporta abbondantemente, anche se non esaustivamente (ad esempio non viene citata l’area archeologica di Suasa!), i pregi paesaggistici, architettonici e culturali dell’area vasta in cui si insedierebbe la Centrale, per poi sbrigativamente affermare che nell’area di prevista realizzazione della centrale e nelle zone limitrofe non sono presenti beni e/o aree archeologiche ed architettoniche tutelati.

•Le caratteristiche puramente paesaggistiche della zona, in cui si integrano un paesaggio agrario dolce con insediamenti urbani di elevatissimo pregio artistico, storico e architettonico rendono incompatibile la presenza di strutture industriali delle dimensioni e della tipologia della centrale in progetto.

•Rispetto alle dimensioni, nel testo dello studio di impatto non viene citata la struttura più voluminosa prevista: il condensatore ad aria, collocato tra i due camini, la cui altezza supera i 30 m. Una stima dell’impatto visivo non può prescindere da una integrazione della documentazione di fotoinserimento presente nello studio di impatto con altre immagini che mostrino sia la visuale dell’area dell’impianto dai punti di osservazione pregiati, anche rispetto ai percorsi e ai luoghi panoramici sia la visuale di questi scorci dal fondovalle, in presenza ostruttiva della Centrale.

•Il consumo previsto di acqua industriale, prelevata dalla rete acque industriali della ZIPA, è di 75.000 m3/anno; pur non essendo elevatissimo, non compare nello Studio di Impatto una valutazione sulla sostenibilità di tale prelievo rispetto alla disponibilità della risorsa, in relazione ai tempi di ricarica della falda e alle esigenze di altri prelievi sia delle attività in essere che quelle di eventuali insediamenti futuri.

Per l’insieme di queste osservazioni si ritiene la Centrale assolutamente non compatibile con le caratteristiche del sito individuato.

Per contrastare questa iniziativa industriale, però, è necessario che l’Ente Regione si assuma pienamente la responsabilità di difendere il proprio piano energetico ambientale, e manifesti concretamente la volontà politica di attuarlo.
Da parte dei cittadini, del comitato e delle istituzioni:

•sarà essenziale mantenere viva l'attenzione con periodiche iniziative di informazione (sulla stampa, alla TV, con assemblee, concerti, manifestazioni, ecc.)

•va bene che il comitato si dia da fare, magari per organizzare "eventi" che attirino l'attenzione, ma il soggetto politico che deve tenere le fila delle iniziative istituzionali (contatti con la Regione e le due Provincie) dovrebbe essere un coordinamento dei sindaci della valle, almeno da San Lorenzo a Mondolfo

•possibilmente tenere una sorta di presidio territoriale nella zona minacciata dalla centrale, in cui allestire un punto permanente di incontro (un prefabbricato o simile) con uno striscione sopra (Non vogliamo la Centrale) e a turno qualcuno dentro a orari prefissati per dare informazioni

•anche la raccolta di firme, da organizzare in ciascun comune e da raccogliere su un modulo apposito (raccolta già iniziata) dovrà essere coordinata (se già non lo fosse) in modo da diventare il più possibile capillare, partecipata ed eventualmente spiegata.

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