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domenica 18 gennaio 2009

Catria, ancora una devastazione al territorio


Nonostante la crisi economica, malgrado i tagli ai bilanci delle famiglie ai fondi destinati alle strutture sociali indispensabili come istruzione, sanità, servizi sociali, nella nostra regione si riesce, malgrado tutto, a trovare diversi milioni di euro per ricostruire una inutile quanto devastante impianto sciistico nel Monte Catria.

In altre parti d’Italia, come nel comprensorio dolomitico, in cui la vocazione sciistica è ben superiore e radicata che da noi, impianti a quote basse come quelli del Catria hanno chiuso, oppure sono in forte difficoltà a garantire qualche giorno di attività.
Fa amaramente sorridere che nelle Marche, i nostri Amministratori siano convinti che l’apertura di una pista possa trasformare pregevoli centri collinari come Frontone in piccole Cortina, Folgarida o Livigno.

E triste pensare che si possa impunemente irrompere nel cuore di un ambiente naturale e operare rilevanti devastazioni in barba a tutti i vincoli paesaggistico, idrogeologico, botanico-vegetazionali previste dalle normative nazionali, regionali ed europee.

Se è vero, come riportano i giornali dei giorni scorsi, che le opere effettuate sono prive delle necessarie autorizzazioni, ci si chiede dove fossero le autorità competenti e come si sia potuto devastare un ampio settore montano senza che alcuna autorità abbia trovato nulla da eccepire. Infatti, da quanto dichiarato dall’ Ufficio Urbanistico della Provincia di Pesaro e Urbino, sembrerebbe che la pratica di concessione sia ancora in fase istruttoria e che tale ufficio abbia fatto richiesta di un supplemento di documentazione in merito al vincolo idrogeologico. La Regione, cui spetta l’analisi della valutazione di incidenza, trovandoci in piena SIC (Sito di Importanza Comunitaria) e ZPS (Zona di Protezione Speciale), sembra non essersi ancora pronunciata.

Infine, ad aggravare ancora di più la responsabilità regionale c’è l’assoluta ignoranza dei vincoli floristici; la zona interessata dai lavori, infatti, si trova all’interno di un’area tutelata dalla Legge regionale 52 del 74 istitutiva delle Aree Floristiche. All’interno delle stesse sono vietate, ormai possiamo usare amaramente il condizionale, sarebbero, la raccolta e il danneggiamento delle specie ivi presenti.

In quest’area, addirittura, si è andati ben oltre il semplice danneggiamento, si è distrutta l’unica stazione conosciuta, nella provincia di Pesaro e Urbino, di una felce la Gymnocarpium dryopteris.

Se è fin troppo semplice prevedere, che non vi saranno flussi di turisti in coda nelle bidonvie tuttavia, la trasformazione del territorio in quota è una ferita ormai indelebile.

da Mauro Furlani
Pro Natura Marche

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