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venerdì 19 dicembre 2008

Carta dei diritti e delle proposte dei comitati pesaresi


COORDINAMENTO PROVINCIALE DEI COMITATI PESARESI
www.comitatinrete.it -- segreteria@comitatinrete.it

PUOI ANCHE NON OCCUPARTI DI POLITICA, LA POLITICA SI OCCUPERA' COMUNQUE DI TE.
John F. Kennedy, Presidente degli Stati Uniti 1960-1963

Gli amministratori devono avere le idee chiare: o con i cittadini, in difesa dei loro diritti, o a tutela degli interessi politico-affaristici.


Carta dei diritti e delle rivendicazioni del territorio a cura del Coordinamento provinciale dei comitati Provincia di Pesaro e Urbino
Prima stesura, "work in progress".

Presentazione: Pesaro, Sabato 13 dicembre 2008.
Coordinamento dei Comitati a Difesa delle Valli Metauro, Cesano e Candigliano
Comitato Ridateci la Vita -- Carrara di Fano
Comitato tutela della salute, territorio e problemi socio-culturali - San Costanzo
Comitato Bellaria di Acqualagna
Comitato NO Tubo - Apecchio, Borgopace e Mercatello
Coordinamento dei cittadini contro la cava del Bifolco di Bellisio Solfare -Pergola
Comitato Val Cesano- Fratterosa
Comitato PRO-Schieppe - Orciano di Pesaro
CITAS - Barchi
Metauro Nostro - Montefelcino
Laboratorio Nuove Resistenze - Pesaro
Club Amici di Asdrubale - Montemaggiore al Metauro.
Segreteria organizzativa: segreteria@comitatinrete.it - http://www.comitatinrete.it



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Introduzione
Tra i pilastri su cui si fonda una democrazia, il controllo degli eletti da parte degli elettori, la trasparenza dell'operato degli eletti e la partecipazione dei cittadini all'elaborazione di atti tesi al perseguimento del bene comune, sono tra i più importanti. In più occasioni nel nostro territorio la trasparenza è venuta meno e questo ha dato origine a numerosi casi in cui il cittadino ha dovuto difendersi anche in sede giudiziaria da scelte, progetti, risoluzioni pensate e assunte nel chiuso delle "stanze del potere", senza la opportuna pubblicità e partecipazione. In altre parole, si è verificato che addomesticate applicazioni delle leggi hanno convinto numerose comunità a riunirsi in comitati ed associazioni, per far sentire la propria voce e per pretendere il giusto rispetto dei propri diritti, primo di tutti quello alla salute. Si è consumata così una frattura tra una casta politica insensibile e scollegata dal territorio, che avrebbe dovuto rappresentare, e la cittadinanza. E risulta quantomeno singolare la pretesa che vede la politica impotente di fronte agli atti della macchina amministrativa. La "riforma Bassanini", se da un lato responsabilizza la componente tecnico-amministrativa, dall'altro non esenta la parte politica dalla verifica delle strategie, dalla vigilanza e dal controllo sull'operato della burocrazia. Se ciò non fosse, le istituzioni verrebbero svilite e private dei compiti e delle responsabilità proprie delle posizione di chi dovrebbe rappresentare la volontà popolare. Nell'organizzazione di uno Stato la legge stabilisce un obiettivo e le modalità per conseguirlo. Merito e metodo sono i suoi elementi essenziali. Mentre il merito indica la finalità, il metodo fissa controlli, vagli, investigazioni e tempi per garantire che la norma non violi alcuno dei principi costituzionali. Questo che dovrebbe essere pacifico e condiviso non lo è e non lo è stato. Noi pretendiamo che lo sia. Ci sono stati progetti che, pur afferenti la vita di alcune e definite comunità, sono stati avviati senza la doverosa ed onesta informazione dei diretti interessati cioè dei cittadini. E la politica ha reagito con insofferenza alle democratiche e costituzionali richieste dei cittadini dimostrando un dirigismo ed una lontananza proprie di altre società a noi aliene. Esistono temi come quelli dell'ambiente in generale e dell'energia, dei rifiuti e dell'acqua in particolare che, in quanto relativi al futuro delle prossime generazioni, ai beni collettivi ed al bene supremo della salute, non possono prescindere da assidui momenti di confronto e dalla partecipazione responsabile alle decisioni. Su questi principi vogliamo basare la civile convivenza di questo territorio. Da troppo tempo la politica ha dimenticato di vivere nella "polis" e proprio per questo il documento che presentiamo vuol essere un invito ed un richiesta: un invito a tutti a partecipare alla creazione di un nuovo dibattito sugli elementi concreti della politica, primo fra tutti la gestione dei beni comuni, ed una richiesta a chi intende candidarsi affinché si confronti nei fatti con questi contenuti. Abbiamo redatto il documento dopo gli incontri frequenti e affollati di questi anni, momenti in cui l'intervento dei cittadini ha dato conto dell'operato volontario per la risoluzione delle problematiche cui ogni comitato si dedica. Abbiamo riunito e confrontato così la nostra esperienza e le nostre opinioni, infine, dopo il lavoro di anni, con la nascita ufficiale di un Coordinamento provinciale il 20 settembre 2008. Perciò riteniamo, razionalmente e modestamente, che questa CARTA COMUNE dei diritti e delle rivendicazioni del territorio rappresenterà uno strumento utile alla riflessione ed al confronto da qui in poi.
La CARTA è suddivisa nei seguenti punti:
- Rifiuti
- Acqua
- Energia
- Nocività e principio di precauzione
- Urbanizzazione, insediamenti industriali nocivi, vincoli paesaggistici e gestione sostenibile del territorio
- Rivendicazioni: definizione delle vertenze in corso.


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Rifiuti
E' tempo che la politica riconosca che quello della gestione dei rifiuti è un problema che ha ormai creato ovunque un'emergenza. E che quindi va affrontato con la chiamata all'impegno della intera società civile. Basta pertanto con gli obiettivi parziali e l'inseguimento retorico di traguardi che si allontanano nel tempo!
La politica di gestione per far tendere a zero la produzione dei rifiuti non può esimere dall'applicazione della "Regola delle 4 R" prevista dalla normativa europea: Riduzione a monte, Recupero, Riciclo, Riuso.
Ma questa politica necessita, per essere attuata concretamente, della creazione di una FILIERA che coinvolga l'impegno pubblico, l'imprenditoria privata, la responsabilità dei cittadini.
Dalla progettazione industriale, attraverso l'abbattimento della quantità dei rifiuti industriali (i quali, ricordiamo, sono i 3/4 dei rifiuti prodotti), sino alla creazione di nuovi posti di lavoro con la filiera del riciclo e del recupero di materia prima-seconda. Filiera per la quale la carenza di impianti sul territorio pone da sola un drastico giudizio sulla lungimiranza e sulla volontà dei nostri amministratori!
Grande attenzione meritano gli odierni bacini di discarica. Un'indagine recente ha raccolto i dati di tre anni (di cui l'ultimo è il 2006) riguardanti la raccolta dei rifiuti nella Provincia di Pesaro e Urbino. I dati resi disponibili dagli uffici provinciali sono risultati largamente insufficienti a far percepire in che misura i sei bacini di discarica abbiano ricevuto rifiuti provenienti dal solo ambito provinciale e da ambiti esterni e a far comprendere la loro evoluzione nel tempo, soprattutto, in relazione alle dinamiche di reddito e di censimento della popolazione nei vari anni.
Il dato più preoccupante registrato è la stima delle capacità di esaurimento così riassumibili
- Ca' Asprete (Pesaro) 180.000 mc all'esaurimento, stimato alla fine del 2009 ma adeguamento in corso
- Ca' Lucio (Urbania) 121.000 mc all'esaurimento, stimato alla fine del 2012
- Ca' Guglielmo (Cagli) 38.000 mc all'esaurimento, stimato all'inizio del 2009
- Ca Mascio (Montecalvo in Foglia) 142.132 (al 01.01.08) mc all'esaurimento, stimato alla fine del 2010
- Ca'Rafaneto (Barchi) 48.000 mc all'esaurimento, stimato alla fine del 2009
- Monteschiantello (Fano), dopo piano di adeguamento, 820.000 mc all'esaurimento, stimato alla fine del 2018
I dati di cui sopra (con l'eccezione di Monteschiantello e di Ca'Asprete) sono ancora più preoccupanti se relazionati alla percentuale media di raccolta differenziata conseguita finora al livello provinciale, pari al 20- 21 %, ed all'assenza, a tutt'oggi, di un adeguato mercato del riciclato in ambito provinciale.
In particolare, se nella provincia fosse stata raggiunta una percentuale di raccolta differenziata e di riciclaggio del 45 %, cosa del tutto plausibile visto che le discariche sono state impiantate ben 24 anni fa, avremmo avuto la capacità di esaurimento totale prolungata di almento 4-5 anni rispetto alle stime attuali.
Il punto critico sembra essere individuato nei bacini di discarica dei Comuni minori. Il collasso di questi ultimi è stato inoltre determinato dall'importazione di rifiuti da altri bacini, traffici parzialmente messi in evidenza anche dalle recenti inchieste giudiziarie.
Il modello attuale di gestione dei rifiuti, imperniato su due multi-utility nei Comuni di Pesaro e Fano (pur avendo la seconda una natura esclusivamente locale) svantaggia in termini di servizio proprio i Comuni minori, i quali richiedono al gestore prestazioni più evolute di raccolta differenziata e subiscono un consistente aumento di tariffe da parte delle multiutility. Peraltro, tali gestori, operando in area vasta, sprecano energia per effetto delle distanze da coprire per raccogliere il differenziato e conferirlo ai centri di riciclaggio e compostaggio. Emblematica al riguardo è la gestione della sostanza organica (Cd. umido) nella Provincia di Pesaro e Urbino, conferita obbligatoriamente o all'impianto di Ca' Lucio (Urbania) o in Emilia Romagna.

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Per una politica dei rifiuti corretta ed efficiente:
1) Pubblicità dei dati e trasparenza nella informazione in modo che il cittadino sia reso edotto in tempo reale sulla situazione delle discariche e della gestione dei rifiuti differenziati. A livello sia provinciale che regionale, riaffermazione della possibilità per i comitati e le associazioni di partecipare alle consultazioni per le Verifiche Ambientali Strategiche previste dalla comunità europea.
2) Rivalutazione dell'istituto del consorzio tra Comuni di ambito simile (ATCO = Ambito Territoriale Consortile Ottimale) in modo da favorire una filiera idonea a garantire il recupero ed il riciclo del materiale al minor costo ambientale possibile, anche per favorire l'economia locale. Per le nostre realtà, si suggerisce un ambito compreso fra i 70mila e i 120mila abitanti, in modo da garantire efficienza, controllo del servizio e riduzione del costo dei trasporti.
3) Forti investimenti pubblici in impianti speciali operanti sul principio della separazione a freddo, onde produrre direttamente la materia prima-seconda a partire dal primo riciclato grezzo, e l'impegno a creare centri di compostaggio dislocati sul territorio in modo da abbattere le distanze e favorire il reimpiego della frazione umida dei rifiuti.
4) L'impegno a impedire la costruzione di inceneritori di rifiuti -- anche quando pretestuosamente definiti "termovalorizzatori" - o la localizzazione di impianti in grado di produrre e bruciare Cdr -- Combustibile da rifiuti.
5) Il lancio, sul modello dell'appello del comune di Capannori1, di una campagna che coinvolga tutte le amministrazioni per il raggiungimento del 75% di raccolta differenziata porta a porta entro il 2012. Il coinvolgimento dei cittadini ad affiancare il servizio pubblico, in cambio di incentivi reali volti ad abbassare le tariffe.
6) Favorire, anche a livello politico nazionale, l'avvio di un processo di consapevolezza che porti ad una moratoria sull'incenerimento dei rifiuti ed alla restituzione dei contributi Cip 6, maltolti in questi anni agli utenti dell'energia elettrica per privilegiare l'incenerimento.
7) L'incentivazione, anche attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro ed il volontariato, dei servizi di vigilanza e prevenzione in tema di abbandono di rifiuti e smaltimento di questi, in modo da contribuire radicalmente alla salubrità dell'ambiente.
8) Il passaggio rapido in tutti i Comuni da Tarsu e Tariffa di igiene ambientale puntuale, con strumenti di verifica da parte dei cittadini.
9) Politiche generali in tutti i Comuni volte a ridurre drasticamente il quantitativo di imballaggi e l'incentivazione immediata in ogni punto vendita della possibilità di acquistare materiali sfusi o alla spina in propri contenitori riusabili.
10) La bonifica dei siti inquinati quali il sito Agroter, il sito di Carrara, e quelli che necessitano di verifiche ed accertamenti ambientali, nonché la verifica dello stato di attuazione dei programmi di gestione postcoltivazione delle discariche provinciali.
11) Controllo degli accantonamenti per il "post-mortem" delle discarica con evidenza delle garanzie accessorie obbligatorie per legge e finalizzate ad un ripristino ambientale dei siti discarica.
1 http://it.youtube.com/watch?v=Y8GuPm8zeY
http://www.comitatinrete.it/APPELLORIFIUTIZERO.pdf
http://www.dirittoalfuturo.it

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Energia
Le attuali politiche energetiche, in ambito provinciale e regionale, sono caratterizzate dalla riproposizione tout court dei modelli operativi impiantistici proposti agli amministratori dai vari potentati economici correlati col potere centrale e periferico. Il tanto decantato PEAR -- Piano Energetico Ambientale Regionale altro non è che un mero "esercizio di stile letterario": prevede tutto ed il contrario di tutto, tanto che non v'è progetto che non risulti celebrato come ne fosse l'attuazione. Il Piano Energetico della Provincia di Pesaro e Urbino risulta obbiettivamente privo di reale operatività. Occorre invece rivolgersi a modelli di micro ed auto produzione (Solare termico e fotovoltaico, eolico autosospeso, idroelettrico, geotermico), che evitino la necessità di costruzione di centrali inquinanti, il costo ed il dispendio dei trasporti e del trasferimento dell'energia, l'assoggettamento a centri finanziari ed industriali di controllo e vendita dell'energia.
Pochi cittadini, quindi pochi amministratori, conoscono il significato del principio dell'entropia, pochissimi il significato del parametro EROEI, solo gli appassionati e gli specialisti conoscono il concetto einsteiniano della sostanziale identità tra massa ed energia, oppure, significativo nel caso degli inceneritori e delle centrali a carbone o ad olii combustibili, del principio del Lavoisier per il quale, visto che "nulla si crea, niente si distrugge, tutto si trasforma", è altamente improbabile che i materiali combusti scompaiano nel nulla tramite la combustione, ed è invece certo che si trasformino in gas tossici, nanopolveri e ceneri tossiche destinate a discariche speciali.
Le politiche degli incentivi sono indirizzate, ovviamente, verso questi modelli dominanti. Significativa la nascita dei CIP 6, gli incentivi copiosamente elargiti a società di comodo che non possiedono neppure i mezzi - né capitali, né know-how - necessari a dispiegare un'operatività reale nel campo della produzione dell'energia. Emblematiche infine le politiche incentivanti a favore del modello attuale imperniato sulla multi-utility ibrida pubblico-privato, di fatto monopolista in un campo territoriale limitato, che non gareggia, ma vive su contratti di servizio pluriennali che le derivano ancora dal precedente modello delle municipalizzate. Di fatto un modello che contraddice in tutto il decantato "modello marchigiano". In questo modo le risorse finanziarie necessarie alla ricerca vengono dirottate verso impieghi largamente improduttivi, senza minimamente poter sperare di sviluppare nuove tecnologie basate su fonti effettivamente rinnovabili ad alto ritorno energetico (EROEI).

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Proposte operative per le politiche energetiche:
1. Implementare concretamente il risparmio energetico, anche mediante incentivi ai cittadini che risparmiano energia (termica, elettrica, idrica), e promuovere in prospettiva il modello denominato IED (Isola Energetica Diffusa) dove non esiste gestore monopolista. Ricostituire il ruolo primario dell'agricoltura locale incentivando altresì la divulgazione del modello del Gruppi di Acquisto a chilometro zero.
2. Incentivare nel trasporto locale l'uso di mezzi a basso consumo ed aumentare l'investimento nel settore del trasporto pubblico.
3. Indirizzare gli incentivi verso impianti di micro ed auto-produzione ad alto ritorno energetico (ENERGY RETOURN ON ENERGY INVESTED ovvero EROEI ) per un valore almeno pari a 40-50 e bocciare, senza mezzi termini, impianti e tecnologie di valore inferiore. Questo obbiettivo esclude dalle tecnologie accettabili tutti i processi di incenerimento anche quando pretestuosamente definiti di termovalorizzazione.
4. Destinare l'uso delle biomasse ad un ruolo effettivamente complementare all'agricoltura che preveda l'utilizzo della sostanza organica come ammendante. L'eventuale pre-sfruttamento a fini energetici dovrà avvalersi di sistemi a freddo quali la digestione anaerobica per la produzione di biogas e dovrà assicurare agli agricoltori l'incentivo diretto dei certificati verdi.
5. I modelli incentivanti rappresentati presuppongono, a medio termine, il concetto di superamento del monopolio delle ex Municipalizzate e in prospettiva l'obbiettivo di ri-pubblicizzare le risorse primarie.
6. I modelli di cui sopra portano inevitabilmente a bocciare l'opzione nucleare, energia tipica del gestore monopolista ed accentratore, in quanto procedimento tecnologico costoso e pericoloso non tanto per gli incidenti registrati statisticamente (Rapporto Rasmussen) , quanto per l'impossibilità di sostenerne in termini ambientali e di sicurezza sia l'attività che il confinamento delle scorie radioattive, in virtù del lungo tempo di decadimento.
7. Incoraggiare la concessione del "diritto di superficie" a fini di sfruttamento delle superfici del plesso immobiliare a disposizione della Pubblica Amministrazione per la produzione di energia rinnovabile.

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Acqua
Per una valutazione delle risorse idriche e della loro gestione
In considerazione della situazione climatica attuale, tendente all'aridità, è opportuno fare un bilancio tra risorse e fabbisogni, cercando di utilizzare prevalentemente le risorse rinnovabili e destinando quantità e qualità in funzione di usi specifici appropriati; tra questi è preminente per importanza quello idro-potabile, per il quale sono particolarmente vocate le acque sotterranee. Il calcolo dei fabbisogni è più semplice di quello delle risorse. Per valutare e conseguentemente gestire le risorse idriche bisogna conoscere la quantità delle acque superficiali e sotterranee e la loro distribuzione nello spazio e nel tempo. Per la valutazione delle risorse sono necessarie misure ripetute con opportuna frequenza per un numero sufficiente di anni, congruente con le anomalie idrologiche, metereologiche e climatiche, a cui il territorio è soggetto. Le misure riguardano precipitazioni, temperature, portata dei fiumi e delle sorgenti, livelli statici dei pozzi, i caratteri idrodinamici dei fiumi e degli acquiferi e contemporaneamente analisi dei parametri di qualità dell'acqua. Con le misure di tipo fisico e qualitativo sopra citate sarà possibile stimare le risorse rinnovabili e conseguentemente prendere decisioni logiche e ponderate non in emergenza, ma in fase preventiva, agendo sulle cause e non sugli effetti, ottenendo in tal modo un risultato efficace con risparmio economico, servizio garantito e salvaguardia dell'ambiente. Per impostare correttamente qualunque piano regolatore ed urbanistico e/o di settore è necessario conoscere preventivamente il bilancio risorse-fabbisogni. Dobbiamo constatare che, nonostante la costruzione di carrozzoni tipo AATO (Ambiti territoriali), nulla è stato fatto ai fini del monitoraggio e della reale programmazione. La privatizzazione dell'acqua determinata dall'affidamento del servizio, che ha condotto a multiutility quali Marche Multiservizi spa, ha comportato forti aumenti dei costi e decadimento della qualità dei servizi e del controllo di qualità, mancati investimenti nella ristrutturazione delle reti, speculazione sulla fatturazione che è passata da annuale a bimestrale con relativo aumento dei costi, mancati investimenti negli impianti di trattamento igienico-sanitario. Tale politica ha svantaggiato tutti i cittadini, ma soprattutto quelli dell'entroterra.

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Per un miglior utilizzo del BENE PUBBLICO ACQUA:
1. Il bene acqua va gestito in forma consortile e pubblica, in ambito ottimale ed evitando utilizzi irrazionali. Le Marche captano acqua dalle dorsali appenniniche tranne la Provincia di Pesaro e Urbino che utilizza per l'80% le acque correnti del fiume Metauro. E' difficile capire perché nella Provincia di Pesaro e Urbino si sia deciso di potabilizzare l'acqua del fiume quando la risorsa di acque sotterranee di ottima qualità era ed è di facile accesso. E' assurdo utilizzare l'acqua oligominerale del pozzo Burano ed immetterla nel fiume per inquinarla e poi potabilizzarla più a valle.
2. E' urgente che sia ripristinata la massima capacità d'invaso delle dighe esistenti attuando l'asportazione dei sedimenti attuali. Tale azione di "pulizia" sarebbe utile sia per la produzione di energia elettrica che per la laminazione delle piene.
3. E' opportuno incentivare ad uso irriguo i laghetti collinari, realizzati e gestiti in modo corretto.
4. Già la legge 183/89 "DIFESA DEL SUOLO" prescriveva di prendere in considerazione il reticolo idrografico dell'intero bacino, poiché l'erosione è legata al livello base. Perciò diventano poco efficaci interventi alla foce senza prendere in considerazione la rete idrografica minore del bacino a monte. I fossi non gestiti ed i boschi abbandonati e non ripuliti tendono a formare dighe effimere, che rompendosi in successione durante eventi estremi provocano onde di piena improvvise e rapide di notevole altezza con grossi danni a valle.
5. La normativa comunitaria - a cominciare dalla Carta europea dell'acqua, approvata il 16 maggio 1968 dal Consiglio d'Europa per arrivare alla Direttiva sulla qualità delle acque 98/83/CE e alla Direttiva 60/2000/CE intesa a creare un quadro di azione comune in materia di acque - ha manifestato nel tempo una crescente consapevolezza della limitata disponibilità idrica e, per l'effetto, ha manifestato un maggiore interesse per la protezione delle acque.
6. Ulteriori risorse a acque superficiali potrebbero provenire da efficiente depurazione, per cui sarebbe opportuno un controllo continuo dei depuratori.
7. Per gli utilizzi opportuni varrebbe la pena impiegare acque di ricircolo e di utilizzo delle acque reflue. La soluzione del problema idrico va ricercata nell'integrazione tra i vari tipi di risorse (sotterranee, superficiali, di recupero, di ricircolo) nell'utilizzo appropriato della risorsa in funzione della qualità, nella diminuzione delle perdite e nel risparmio.
8. Occorre incentivare sistemi di irrigazione a basso consumo.
9. Vanno revisionate le opere di presa, e riviste le reti di distribuzione in modo da consentire lo sfruttamento razionale e locale della risorsa. Il cattivo stato di salute delle reti di distribuzione è responsabile di grandi perdite che superano il 30%.
10. Per contrastare il cattivo uso e l'abuso nella gestione delle acque e per la riappropriazione dei diritti dei cittadini è aperta una vertenza provinciale sulla gestione delle acque allo scopo di ottenerne la ripublicizzazione. Di particolare rilevanza nella vertenza è il recupero delle somme indebitamente introitate dagli enti gestori, per quel che riguarda la componente di costo della depurazione. Ciò è stato sancito da vari Tribunali e dalla Corte Costituzionale e di tali somme, tramite procedimenti legali, sarà richiesta la restituzione. Nel frattempo, di fronte a quella che è una palese violazione dei criteri di affidamento del servizio idrico integrato, chiediamo ai Sindaci ed ai Candidati:
- La verifica dei costi sostenuti dai Comuni per il conferimento del servizio idrico integrato.
- La convocazione delle assemblee dei soci delle multi-utility al fine di verificare l'operato degli amministratori.
- Di sostenere la risoluzione del contratto di concessione per colpa grave e danno.
- In via cautelare, sollecitiamo i Sindaci in carica di limitarsi alla proroga delle concessioni che scadono il 31-12-2008, escludendone il rinnovo.

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Nocività e principio di precauzione
Pesticidi, amianto, combustione delle plastiche
Pesticidi - I centri abitati sono spesso lambiti da terreni coltivati che giungono a confine delle abitazioni e delle relative pertinenze. Nelle frazioni, talvolta, tali terreni sono interposti alle abitazioni, tanto da avere destinazione urbanistica residenziale di completamento o ampliamento. Le tecniche di coltivazione più recenti e l'industrializzazione dell'agricoltura, applicate alla coltivazione di dette aree, comportano l'impiego massiccio di trattamenti chimici con pesticidi e antiparassitari di sintesi; la pratica della cosiddetta "semina su sodo" richiede un trattamento con prodotti disseccanti, l'impiego di semi conciati con antiparassitari e numerosi trattamenti con pesticidi, erbicidi, ecc. La coltivazione dei terreni nei centri abitati con le tecniche descritte determina l'esposizione massiccia e prolungata alle sostanze chimiche irrorate dei residenti, delle eventuali colture (Ortaggi e frutta) coltivate a livello familiare in orti e giardini, con pregiudizio per la salute e per la qualità della vita.
Tali circostanze sono state approfondite con la consulenza della Dott.ssa Patrizia Gentilini, onco-ematologa referente dell'Associazione ISDE Italia, e della copiosa documentazione scientifica sulla pericolosità dei pesticidi per la salute umana:
- "Gli effetti cancerogeni dei pesticidi". E' apparso sul numero 53, ottobre 2007 della rivista canadese Canadian Family Physician, la rivista dei medici di famiglia canadesi. E' stato riscontrato che la maggior parte degli studi segnalava coincidenza tra esposizione a pesticidi e linfoma non Hodgkin e leucemia. Il cancro al cervello e quello alla prostata sono risultati i tipi di tumore più frequente fra i tumori solidi rilevati in persone esposte a pesticidi .
- "Tossicità dei pesticidi e sviluppo del cervello" è apparso sulla rivista specialistica americana MiniRewiew nell'agosto 2007. In esso si prende in esame la tossicità sia di pesticidi composti da "organoclorine", usati contro la malaria, che da "organofosfati", usati in agricoltura e nelle abitazioni. La ricerca "La potenziale tossicità per lo sviluppo dei pesticidi usati in Europa" è apparsa sulla rivista Environmental Health nell'agosto 2008, e documenta la neurotossicità dei pesticidi usati per l'abbattimento degli insetti indesiderati, delle erbe indesiderate e dei funghi nelle colture. Questi pesticidi quindi sono pericolosi anche per lo sviluppo del sistema nervoso degli umani. Tra questo pesticidi, ai quali attualmente non è richiesto un test di neuro-tossicità, sono inclusi i piretroidi e gli organofostati. Molti di questi possono causare danni neurologici irreversibili.
- La rivista internazionale di medicina del lavoro e dell'ambiente OEM, nel settembre 2008, ha pubblicato lo studio sul tema "Gli effetti di PCB, p,p9-DDT, p,p9-DDE, HCB e b-HCH sulla funzionalità tiroidea dei bambini in età prescolare". Lo studio, svolto in Spagna, ha documentato il legame tra funzionalità tiroidea (e sviluppo del cervello) e contaminazione da pesticidi.
Con la collaborazione del Dott. David Fiacchini, biologo, è stato inoltre accertato che il Glyphosate, avente come principio attivo il flazasulfuron, noto come erbicida totale (non selettivo) -- comunemente definito disseccante - è stato associato a numerosi di problemi di salute ed ecologici (Cox, 1993). Può infatti danneggiare il sistema digestivo ed i polmoni e può essere la causa della morte in esseri umani esposti (Cox,1993, Sawada et al., 1988; Tominack, 1991; Talbot, 1991). L'ingestione di Glyphosate ha interessato la ghiandola ed i reni pituitari ed ha causato lo sviluppo anormale dell'osso e pesi diminuiti di nascita negli animali da laboratorio (Cox 1993:4, citante gli Stati Uniti EPA 1986). Studi scientifici hanno dimostrato il nesso tra l'esposizione ai veleni chimici sparsi nei campi, negli orti, nei giardini e lungo le strade, con il morbo di Parkinson.
Le proposte operative:
E' opportuno che nei regolamenti di POLIZIA URBANA e di POLIZIA RURALE sia inserito il divieto di trattare terreni e culture, all'interno ed in prossimità di centri abitati ed edifici residenziali, con diserbanti, antiparassitari e fertilizzanti diversi da quelli ammessi dai protocolli per le coltivazioni agricole di tipo biologico.

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Amianto - Gli effetti patogeni e cancerogeni dell'amianto persisteranno ancora a lungo nel tempo, 10-20 anni. Sotto il profilo ambientale, si notano ritardi e sottovalutazioni. In passato, questa sottovalutazione era dovuta alla sostanziale subordinazione agli interessi economici e, in particolare, ai profitti di alcune grandi multinazionali, che malgrado i danni provocati, continuano ancora ad operare. Ma si è fatto troppo poco anche dopo la conquista della legge 257/92, che ha messo al bando l'amianto in Italia, legge costruita dal basso, è bene ricordare, mediante una lunga lotta sindacale, l'iniziativa delle associazioni degli esposti delle vittime e dei familiari, la lunga battaglia di alcuni territori colpiti in modo gravissimo, da vere e proprie stragi di lavoratori e cittadini, e di una parte dei servizi territoriali di prevenzione, e di prevenzione del servizio sanitario nazionale, cioè gruppi notevoli di medici, che si sono attivati.
La legge, e i suoi decreti attuativi, è sicuramente una delle più avanzate ed organiche nel panorama internazionale, nonostante alcuni limiti e contraddizioni pur presenti. La conferenza nazionale di Tor Vergata, del '99, è stato un momento molto importante ed impegnativo di verifica e di rilancio delle iniziative. Sostanzialmente non sono seguite efficaci politiche di intervento.
Pertanto, oggi dobbiamo ancora fare i conti con una diffusione, per quanto riguarda il fibrocemento, di circa 30 milioni di tonnellate di materiale contenente amianto sul territorio nazionale.
Questo ritardo deve essere recuperato, assumendo le bonifiche dall'amianto tra le priorità delle politiche nazionali e regionali, destinando ad esse le indispensabili risorse, intervenendo nei fondi che, fino ad oggi, hanno ostacolato una sollecita fuoriuscita dal problema.
Le proposte operative:
1. Fermo restando che gli oneri delle bonifiche devono ricadere sui soggetti responsabili dell'inquinamento e fermo restando che la rimozione dei manufatti contenenti amianto è obbligo dei proprietari, è comunque indispensabile promuovere iniziative di incentivo e di sostegno.
2. Destinare risorse, attualmente del tutto irrisorie, per i piani di bonifica; ulteriori incentivi fiscali in favore dei privati per i lavori di bonifica; prevedere contributi finanziari specifici per i Comuni che organizzano la raccolta delle piccole quantità a favore dei cittadini.
3. Censire la presenza di amianto, adoperando con assiduità le forze delle polizie municipali e delle guardie ecologiche. Rafforzare il sistema dei controlli e delle sanzioni.
4. Completare le bonifiche degli edifici pubblici e comunque ad uso collettivo. Informare e coinvolgere i cittadini, e le loro organizzazioni sindacali e ambientali delle vittime, delle imprese e di altre istituzioni interessate, allo scopo di promuovere le necessarie iniziative di collaborazione e di convenzioni funzionali all'attuazione dei piani territoriali, anche al fine di controllo sociale.
5. Promuovere ed attivare servizi territoriali per il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti di amianto, con apposite convenzioni, anche con le associazioni di categoria, per abbattere i costi e le speculazioni dilaganti, prevedendo appositi tariffari per la rimozione, il trasporto e lo smaltimento.
6. Sia per quello che riguarda l'uso dei pesticidi, che il censimento e la rimozione dei manufatti in amianto, che per quanto riguarda la combustione delle plastiche e dei materiali contenenti cloro e quindi la dispersione in atmosfera di diossina, chiediamo che i Sindaci si impegnino a diffondere informazioni, anche tramite opuscoli e iniziative pubbliche, atti a informare la cittadinanza dei danni per la salute di questi materiali e di comportamenti nocivi. Che si impegnino altresì, richiamandosi al principio di precauzione sancito dalla comunità europea, a inserire nei regolamenti comunali norme che limitino i danni e impongano la vigilanza (dispersione di pesticidi e disseccanti su terreni e nell'atmosfera, non rimozione a norma di legge di manufatti in amianto o non rimozione di manufatti usurati, combustione di plastiche a cielo aperto o in camini).

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Urbanizzazione, insediamenti industriali nocivi, vincoli paesaggistici, gestione sostenibile del territorio
La pianificazione territoriale è evidentemente asservita alla speculazione urbanistica, edilizia ed estrattiva promossa ed attuata, sovente, con la complicità delle amministrazioni. Manca pertanto una pianificazione concreta e sostenibile e gli strumenti di pianificazione territoriale sono relegati al ruolo di meri adempimenti burocratici, spesso stereotipati, finalizzati al perseguimento di obbiettivi economici e speculativi. Le esigenze finanziarie degli enti locali hanno portato infatti questi ultimi ad assecondare e favorire uno sfruttamento del territorio senza precedenti, avulso da ogni criterio di sostenibilità ed estraneo alle reali esigenze delle comunità amministrate. Le amministrazioni sono responsabili, in molti casi, di aver rimosso, trascurato, travisato ed ignorato gli ostacoli normativi, generalmente attinenti la tutela ambientale e della salute, che avrebbero impedito il recente dissennato "sviluppo". Alla rincorsa del consumo del territorio, per fare cassa, sono stati spesso ignorati i vincoli paesaggistici e ambientali imposti da norme comunitarie, nazionali e regionali, nonché dalla logica e da ogni principio di buona amministrazione. Le previste valutazioni ambientali (VAS, VIA, Valutazione di incidenza, Giudizio di compatibilità ambientale e rilascio di autorizzazione paesaggistica) sono spesso ridotti a meri adempimenti burocratici privi di significato e incisività. Né le amministrazioni, ma soprattutto i Sindaci in qualità di autorità sanitarie, si sono fatti scrupolo di consentire l'insediamento delle attività nocive di cui al D.M. 05.09.1994 in prossimità di centri abitati, residenze, attività agricole, industriali e artigianali non impattanti, in spregio alle norme vigenti e al principio di prevenzione e precauzione. Tanto è avvenuto con la complicità e la connivenza degli organi consultivi e/o di controllo quali le ASUR e gli uffici dell'ARPAM, responsabili di aver trascurato di verificare gli impatti sul territorio e sui cittadini per limitarsi a confrontare i dati forniti dalle imprese con i parametri di legge. La gestione deve invece essere di tipo sostenibile, ad iniziare dal territorio agricolo, che potrebbe subire profondi cambiamenti nel futuro prossimo. Si tratta di cambiamenti impressi dalla crisi dell'agricoltura così come conosciuta e la possibile disponibilità di estensioni di suoli "marginali" ad esempio per l'afforestazione. Il patrimonio boschivo provinciale che è di gran lunga il maggiore di tutta la regione, è gestito in modo anacronistico e dannoso per i suoli, per la fauna, per il paesaggio, mentre la foresta appenninica (e le eventuali formazioni collinari di nuova costituzione) potrebbe svolgere un ruolo importante sulla questione climatica, dato che una gestione moderna potrebbe sequestrare quantitativi oggettivamente rilevanti di carbonio atmosferico. Il territorio essere considerato una risorsa nella sua interezza e deve essere tutelato e valorizzato, evitandone il consumo indiscriminato asservito esclusivamente ad interessi economici speculativi, promuovendo le produzioni tipiche e di eccellenza (DOC, DOP, IGP), i borghi ed i luoghi di interesse paesaggistico, storico-artistico e culturale,lo sviluppo turistico. La tutela della salute e del territorio, in applicazione del principio di prevenzione e precauzione deve essere alla base delle decisioni inerenti l'insediamento e la localizzazione di industrie nocive e pericolose. I consigli comunali devono riappropriarsi dei processi decisionali che ineriscono l'utilizzo del territorio, processi tanto importanti quanto relegati al ruolo di mero adempimento burocratico in potere di tecnici e funzionari per un'errata, forse comoda, interpretazione della cd. Legge Bassanini. Deve essere rivalorizzato il principio autonomistico dell'ente locale che solidalmente concorre al governo ed allo sviluppo del territorio senza dover subire l'egemonia delle attività di speculazione immobiliare.

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Per una gestione sostenibile ed efficiente del territorio proponiamo:
1. Per tendere ad un'azione della politica di qualità, è opportuno che ad inizio mandato gli amministratori eletti siano formati con corsi di formazione dove apprendere come si realizza un PRG (o un qualsiasi strumento di pianificazione territoriale) e quali ne siano le conseguenze, la materia vincolistica, la localizzazione e la gestione delle attività nocive e i relativi effetti, le procedure e la trasparenza amministrativa, gli statuti comunali, il regolamento edilizio, ecc.
2. L'immediata verifica dello stato di attuazione degli strumenti di pianificazione territoriale, al fine di individuarne le criticità e di verificare l'impatto sul territorio, nonché per accertare la disponibilità di immobili civili ed industriali (sovente inutilizzati) in relazione alle effettive necessità.
3. Procedere, sulla base delle informazioni assunte, alla revisione nel breve termine degli strumenti di pianificazione territoriale, per calibrarne il dimensionamento sulle effettive esigenze delle comunità amministrate anche in relazione alle disponibilità del costruito.
4. La pianificazione territoriale dovrà finalmente assumere carattere sovra comunale a fini di razionalizzazione e di valorizzazione delle caratteristiche e delle peculiarità offerte da ciascuna parte del territorio. Riteniamo, a tal fine, inopportuno e ridicolo localizzare attività industriali particolari (Quali ad esempio la produzione di imbarcazioni a oltre 30 Km. dalla costa) in luoghi e territori evidentemente vocati per produzioni diverse, con evidenti ripercussioni in termini energetici ed ambientali. Riteniamo altresì che il Piano Territoriale di Coordinamento provinciale abbia fallito tali obbiettivi.
5. La verifica e controllo ambientale delle cave dimesse nell'intera provincia.
6. L'adozione di provvedimenti, nei confronti dei responsabili, per il risanamento delle aree compromesse sotto il profilo ambientale e paesaggistico.
7. L'incentivazione e la promozione degli interventi di ristrutturazione e riqualificazione del costruito con priorità rispetto alle nuove costruzioni.
8. La promozione e l'incentivazione delle tecniche di bioedilizia e di efficienza energetica del patrimonio edilizio, sia mediante il ricorso ai sistemi passivi che con l'adozione dei sistemi di micro e auto produzione energetica.
9. Considerato che la stessa provincia di Pesaro e Urbino ha sottolineato nel suo PTC l'inadeguatezza dei sistemi di depurazione dei comuni dell'entroterra, occorrerà prima di approvare grandi trasformazioni urbanistiche, adeguare l'esistente.
10. Attività di controllo presso le varie attività produttive della provincia in modo sistematico e preventivo. Spesso gli stessi comuni non conoscono l'attività, gli impianti e le sostanze che vengono utilizzate. Il fatto stesso di rendere trasparenti le attività aiuta a migliorarsi.
11. Che i Sindaci, in qualità di autorità sanitarie, accertino l'impatto sulla salute e sul territorio delle attività insediate ed adottino i provvedimenti necessari.
12. Gli interventi di rilevante trasformazione del territorio, che possono risultare nocivi per la salute, o lesivi del paesaggio e del patrimonio storico-culturale o per le produzioni d'eccellenza, devono essere discussi ed approvati in sede di consiglio comunale, anche ai fini dell'espressione dei pareri nell'ambito delle conferenze dei servizi da parte dei funzionari delegati. Per tali progetti deve essere garantita dai Sindaci l'effettiva informazione dei cittadini ed il coinvolgimento mediante attività ed iniziative ulteriori rispetto alle banali forme di pubblicità previste dalle disposizioni regionali.
13. La lotta agli abusivismi d'ogni tipo, con una politica di prevenzione e non di adeguamento dell'iter amministrativo in corso di procedimento penale a sanatoria dell'illecito.
14. Agevolare l'attività agricola e di conseguenza mantenere per il futuro il più possibile inalterato il prezioso suolo agricolo.

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Rivendicazioni: definizione delle vertenze in corso
Il Coordinamento provinciale dei comitati pesaresi pone i seguenti obbiettivi
imprescindibili ed inderogabili:
1. Conclusione e definitiva archiviazione dei procedimenti per l'inceneritore di
biomasse di Schieppe di Orciano, con reiezione dell'istanza di Wafer zoo S.r.l.
2. Verifica delle attività insediate a Schieppe di Orciano, adozione dei provvedimenti a tutela dell'ambiente e della salute pubblica, risanamento dell'area
3. Definitiva archiviazione dell'ipotesi di realizzazione dello stabilimento Metalli
Plastificati S.r.l. ad Acqualagna
4. Risanamento e bonifica del sito ex cava Solazzi di Carrara di Fano
5. Fare chiarezza sul traffico illecito dei rifiuti che ha interessato, fra l'altro, le discariche pubbliche di Barchi e Monteschiantello (Fano) ed accertare le relative responsabilità
6. Risanamento e bonifica del sito ex Agroter di Mondavio
7. Revisione del PPAE -- Piano Provinciale per le Attività Estrattive per la zona
di Bellisio Solfare, al fine di impedire l'ampliamento e l'apertura di nuove cave. Reiezione dell'istanza della ditta Guiducci e Pierantoni S.n.c. per l'apertura di nuova cava di Maiolica in loc. Bifolco, nel Comune di Pergola
8. Impedire la realizzazione del gasdotto appenninico nel tratto marchigiano
9. Adozione dei provvedimenti necessari a scongiurare pericolo per la salute dei
cittadini residenti in prossimità della discarica di Monteschiantello;
accertamento del danno arrecato al patrimonio immobiliare privato ed
estensione dell'equo indennizzo già concesso al Comune di San Costanzo a
favore dei cittadini proprietari.

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