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mercoledì 22 dicembre 2010

In provincia di Pesaro e Urbino in un anno perse quasi 2mila aziende


Dai numeri emerge ancora un quadro sconsolante. I numeri illustrati nel corso della conferenza stampa itinerante Il Pullman della Crisi. Ancora in ginocchio costruzioni, nautica e trasporti. Qualche accenno di ripresa nel mobile

PESARO - Le costruzioni arrancano, la nautica pure. Non si arresta l’emorragia nel tessile e nei trasporti. La meccanica ed il mobile mostrano solo piccoli segnali di ripresa mentre entrano in crisi anche i servizi. L’analisi per settori economici relativa alla provincia di Pesaro e Urbino dimostra che non siamo ancora usciti dalla crisi.

I dati indicano ancora uno stato di sofferenza, soprattutto per quel che riguarda le piccole e piccolissime imprese. Analizzando le cifre della congiuntura pesarese, tra settembre 2010 e settembre 2009, notiamo infatti che il tessuto di imprese della provincia perde 1.831 imprese attive passando da 39.767 a 37.936.
Si tratta di un calo vistoso del 4,6% che in alcuni settori tra i più importanti per numero di imprese risulta ancora più deciso. Il calo del numero di imprese attive sfiora il 10% per il settore primario (agricoltura), ed è pari al –5,6% per le manifatture e al –5,3% per le costruzioni. Raggiunge addirittura un –8,4% nel settore dei trasporti (notoriamente costituito da piccoli autotrasportatori).

Il dato della provincia di Pesaro e Urbino è poi molto più negativo di quello complessivo marchigiano, dove le perdite sono, anche in assoluto, inferiori a quelle della sola provincia pesarese. In tre province della regione la dinamica è stata, infatti opposta, cioè di crescita (Ancona, Ascoli e Macerata). Nel manifatturiero la dinamica decrescente del numero di imprese attive ha interessato, tra i settori più importanti per numero di imprese, l’abbigliamento (-6,4%), il legno (-9%), la fabbricazione di prodotti in metallo (esclusi macchinari –7,7%). Perdono meno imprese i settori delle produzioni mobiliere (-2,6%) e dei prodotti alimentari (-5,1%). Insomma i ripetuti annunci relativi ad una ripresa non sembrano avere, almeno in provincia di Pesaro e Urbino, alcuna attinenza con la realtà.

E’ questo il giudizio complessivo della CNA di Pesaro e Urbino che oggi, in occasione della conferenza stampa itinerante “IL PULLMAN DELLA CRISI”, cerca di fare il punto sulla situazione economica provinciale.
Nel corso di un tour in bus in alcune realtà imprenditoriali della provincia (Geometrica di Fano, Essetre di Cagli, Bcm di Fermignano, Uf di Montecchio), l’associazione ha spiegato ai giornalisti dei media locali perché non siamo ancora fuori dalla crisi.

La provincia di Pesaro e Urbino, che conta su un tessuto di piccole e piccolissime aziende, sconta oltre al crollo dei consumi interni, difficoltà legate alla situazione internazionale, all’aumento del costo delle materie prime e alla riscossione dei pagamenti. Aumentano poi le sofferenze delle imprese nei confronti del sistema bancario mentre cresce il ricorso alla cassa integrazione e cala la fiducia di dipendenti e imprenditori relativamente al futuro.

Tuttavia il quadro non è completamente negativo. Ci sono piccoli accenni di ripresa, che in alcuni settori come il mobile, possono risultare addirittura clamorosamente positivi.

“Nonostante però alcune eccezioni - commentano il presidente provinciale e vicepresidente nazionale, Giorgio Aguzzi ed il segretario provinciale, Camilla Fabbri - la situazione appare complessivamente ancora molto incerta. Non vi sono insomma robusti segnali di ripresa; semmai una lettura cruda dei dati, ci indica ancora un quadro generale ancora a tinte fosche con la chiusura di tante aziende, la perdita di posti di lavoro e - laddove possibile - un ricorso ancora massiccio alla cassa integrazione”.

Gli unici dati che confortano sono quelli relativi all’export. Numeri che riguardano soprattutto le aziende più strutturate e, solo a cascata, quelle più piccole. Le esportazioni totali della provincia sono cresciute poco in un anno (tra il primo semestre 2009 e il primo 2010).
Sono invece cresciute in misura notevole quelle di mobili (+5,9%) e di prodotti in legno. Ma c’è un dato che deve far riflettere. Mentre le esportazioni dei primi nove mesi 2010 crescono nella provincia leggermente meno rispetto al dato regionale (+9,9% contro +11,6%), le importazioni crescono assai di più (45,3% contro 21,6%). Ciò significa che l’economia della provincia ha riavviato i processi di trasformazione assai più intensamente di quanto avvenga per il resto delle Marche. Un segnale di vitalità che denota il grande spirito imprenditoriale e la tenacia degli imprenditori pesaresi. Un sistema di piccole e medie imprese che però non sono ancora riuscite a valorizzare sui mercati internazionali le proprie attività manifatturiere in modo più deciso di quanto avvenga per il complesso della regione.

Tuttavia la crescita intensa dell’export è particolarmente positiva per il primo settore in ordine di importanza al 2010 (macchinari e apparecchiature), che cresce nei primi nove mesi del 2010 del 41,6%. Crescono molto più della media anche altre produzioni meccaniche mentre perdono terreno la nautica (altri mezzi di trasporto). Il legno corre molto più (+48,4%) dei mobili (+9,7%).

“Le analisi relativi ai prossimi mesi – concludo Aguzzi e la Fabbri - indicano ancora una situazione improntata all’incertezza. Si rafforzeranno i segnali di ripresa, ma solo in quei settori che già ora dimostrano una certa dinamicità. Perdurano le difficoltà per settori una volta strategici come le costruzioni, la nautica, i trasporti, il tessile. Occorrerà vedere come evolverà il quadro internazionale quali provvedimenti di politica economica il Governo intenderà adottare per favorire la ripresa. Per ora come CNA registriamo solo un aumento complessivo dell’imposizione fiscale che finirà per pesare ancor di più a causa dei tagli agli Enti locali”.

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