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venerdì 29 maggio 2009

La crisi? In Provincia di Pesaro, dopo le ferie sarà un’ecatombe






Dati allarmanti dal Barometro della crisi. Ordinativi in calo del 58%. Molti pensano di non riaprire a settembre


La crisi? Se non cambiano le cose dopo le ferie estive in provincia di Pesaro e Urbino, secondo la CNA, potrebbe registrarsi una vera e propria ecatombe. Alla ripresa del lavoro a settembre, ovvero quando sarà finita la cassa integrazione le varie forme di ammortizzatori sociali, potrebbero essere in tanti gli imprenditori che decideranno di non riaprire i battenti delle proprie aziende.

“Le previsioni – dice Camilla Fabbri, segretario provinciale dell’associazione - sono tutt’altro che confortanti, e chi parla di tempesta passata o di lieve ripresa farebbe meglio a rivedere le proprie stime”. Stando almeno alla situazione attuale, secondo la CNA, la crisi si estenderà infatti anche in questo secondo trimestre e nel terzo trimestre dell'anno. Vi sono segnali in arrivo, soprattutto da occupazione e investimenti, che lasciano intendere che la recessione abbia ormai raggiunto il suo culmine.

“Tuttavia - aggiunge Camilla Fabbri - se l'inversione del ciclo economico non dovesse arrivare nei tempi sperati, e cioè entro l’estate, la fragilità finanziaria delle imprese più piccole potrebbe esaurirne la capacità di tenuta”. E il quadro delineato dal Barometro della crisi, la periodica indagine congiunturale che la CNA effettua su un campione di micro e piccole imprese (fino a 49 addetti e con fatturato inferiore ai 10 milioni) associate. Un'indagine che, per il primo trimestre 2009, conferma un ulteriore peggioramento della recessione per pmi e artigianato: l'indicatore sintetico che misura le condizioni economiche delle micro e piccole imprese è infatti sceso a -49, un valore ben al di sotto del -18,6 di fine 2008.

In questo quadro, poi, c'è un dato che spicca su tutti: gli imprenditori continuano a segnalare difficoltà di accesso al credito e lamentano, in particolare, l'allungamento dei tempi di erogazione e la richiesta di maggiori garanzie da parte degli istituti di credito. Un dato che conferma la stretta creditizia come il tallone d'Achille delle pmi italiane. Ma vediamo in dettaglio i risultati dell'indagine. Nel primo trimestre 2009 le difficoltà segnalate alla fine dello scorso anno dalle piccole imprese associate a CNA si sono ampliate ulteriormente con cali di produzione e fatturato che hanno investito più della metà delle imprese intervistate (rispettivamente il 52 e il 54%). Per quanto riguarda il volume di affari, rileva il centro studi CNA, è il fatturato interno ad avere contribuito maggiormente alla diminuzione di quello totale, mentre le perdite registrate sui mercati esteri, pur rilevanti, non si discostano significativamente rispetto a quelle registrate nel IV trimestre 2008. Ma le indicazioni più negative riguardano gli ordinativi, in diminuzione per il 56% delle imprese interpellate.

Quanto ai settori, appaiono in affanno tessile-abbigliamento, mobili-legno, meccanica, nautica, insieme alle costruzioni. L'alimentare, dove la quota di imprese che ha ampliato gli organici supera di cinque punti quella che invece li ha ridotti, è l'unico a registrare un saldo positivo. Una sostanziale tenuta dell'occupazione ha riguardato anche i servizi (sanità e benessere e servizi per la comunità), che nei primi tre mesi dell'anno hanno registrato saldi negativi ma di entità contenute. Infine da meccanica e costruzioni provengono le previsioni più pessimistiche. «Le dinamiche occupazionali dovranno comunque essere monitorate con attenzione», è il monito della CNA, «dato che l'occupazione reagisce solo con mesi di ritardo agli andamenti di produzione e fatturato».

Sul versante del credito, dice il presidente provinciale, Giorgio Aguzzi «persistono e si accentuano le tensioni già emerse a fine 2008». Nello specifico, nel primo trimestre di quest'anno la quota di imprese che dichiarano di non avere ottenuto finanziamenti a breve e a medio/lungo termine (o di non averli ottenuti nell'importo desiderato), ha superato di circa 10 punti quella delle imprese che invece non segnalano motivi di insoddisfazione. Si tratta, fa sapere il centro studi CNA, di valori che non si discostano significativamente da quelli registrati nella scorsa indagine.

«Difficoltà crescenti nel rapporto banche-imprese emergono invece quando si parla del costo dei finanziamenti, delle garanzie richieste e dei tempi di erogazione degli affidamenti», aggiunge il presidente CNA. Inoltre, gli intervistati segnalano la crescita di richieste di rientri anticipati e/o di revoche. «Si tratta – conludono la Fabbri e Aguzzi - di circostanze particolarmente gravi per le piccole e piccolissime imprese che, oltre a soffrire le restrizioni imposte dal sistema bancario, hanno difficoltà a pianificare in maniera autonoma le proprie strategie data l'incertezza relativa alla liquidità aziendale causata, in particolare, dall'allungamento dei tempi di incasso dei crediti commerciali (dal 48 al 53%)».

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