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venerdì 4 dicembre 2009

Liberalizzazione del servizio idrico: cosa cambia per Fano? Aato risponde alle domande della Commissione Consiliare di Garanzia


L’approvazione in via definitiva dal Parlamento, del cosiddetto decreto Ronchi, sancisce la privatizzazione dei servizi pubblici locali, compreso il servizio idrico integrato, che, progressivamente, passerà in gestione ai privati per una quota non inferiore al 40%, mentre la proprietà della rete resterà agli enti locali.


Quali scenari futuri si aprono per la città di Fano, in cui il servizio idrico è attualmente gestito da Aset Spa, società a totale capitale pubblico?


Se n’è parlato nella riunione della Commissione garanzia e controllo del comune di Fano che si è svolta nella serata di martedì 1 dicembre con la partecipazione del presidente e del direttore dell’Aato di Pesaro e Urbino, Renato Claudio Minardi e Marco Toni.




“Con questo Decreto Legge, approvato il 19 novembre 2009 dalla Camera dei Deputati con 302 voti favorevoli e 263 contrari - ha spiegato Minardi - entro il 31 dicembre 2011, il 40% della gestione della risorsa idrica passerà in mano privata.

Anche se la tariffa idrica continuerà ad essere deliberata dall’Aato, cioè dal consorzio dei Comuni, è facile capire come la gestione del servizio idrico sia un campo particolarmente appetibile per qualsiasi soggetto privato. Basti pensare al Piano di Ambito Ventennale che proprio quest’anno abbiamo approvato, un corposo elenco di infrastrutture del valore di 350 milioni euro diluito in 20 anni. Un documento che contiene la previsione delle opere necessarie per i servizi di acquedotto, fognatura e depurazione. Il soggetto privato che si trovasse a gestire il servizio idrico per i comuni della provincia di Pesaro e Urbino avrebbe da questo piano un ritorno imprenditoriale importante sul capitale investito, legato anche all’adeguamento dell’inflazione nel corso del tempo”.



Il direttore Toni ha poi posto l’accento sul fatto che sino ad oggi, l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, ha emesso pareri contrari al proseguimento delle gestioni “in-house”, pertanto è presumibile che anche Fano non riuscirà a vedere legittimati i propri affidamenti, pur chiamandosi fuori dal mercato perché: “le caratteristiche economiche, sociali, ambientali e morfologiche della città, rendono i suoi servizi, compreso quello idrico, particolarmente appetibili dalla concorrenza.

Alcuni comuni hanno avviato, tramite una modifica del proprio statuto, che la gestione dell’acqua rimanga pubblica, ma non è applicabile questa fattispecie al caso di Fano.

Si tratta, infatti, di enti con determinate caratteristiche (piccoli comuni montani non interconnessi a reti intercomunali) come nel caso del comune di Cantiano, che potrebbe motivare una gestione diretta anche per motivi legati all’uso dell’acqua per la produzione locale, vedi il caso del tipico pane di Chiaserna. Se il comune di Fano o comuni di medie dimensioni demografiche, collegati a reti intercomunali dovessero apportare in tal senso modifiche ai propri statuti, queste avrebbero un valore simbolico sul piano politico ma senza effetti pratici nella realtà, poiché la ratio della norma è chiara e tende ad aprire in modo spinto le gestioni al settore privato”.



Come può tutelarsi il comune di Fano per evitare che la gestione del servizio idrico passi ai privati? E’ stato chiesto dal presidente della Commissione garanzia e controllo, Luciano Benini.



“Un bando di gara redatto con attenzione all’interesse pubblico, i Patti parasociali e un contratto di servizio che tuteli l’ente locale, in questo caso Aset Spa -ha risposto Minardi-. Queste sono alcune delle misure che può adottare il comune anche se il decreto legge, che non è neppure stato discusso in Parlamento ma immediatamente approvato, porterà inevitabilmente alla privatizzazione del servizio idrico, che il Governo ha mascherato dietro il termine liberalizzazione.



Non voglio dare giudizi di merito -ha concluso il presidente Minardi- ma ribadisco la mia profonda contrarietà all’obbligo dell’ingresso dei privati nella gestione dell’acqua. Diverso sarebbe stato se i comuni avessero potuto scegliere la soluzione a loro più congeniale. Nel caso di Fano la gestione affidata ad Aset Spa si è rivelata virtuosa, quindi non si capisce perché si debba essere costretti a cambiare le cose, con il rischio che accada ciò che è già avvenuto in diverse città del mondo in cui la privatizzazione del servizio idrico ha prodotto guai seri e si è poi ritornati alla gestione pubblica”.

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