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lunedì 6 aprile 2009

Pubblico trasporto, lettera aperta (Terza puntata): l'errante, l'errore e l'eroe


Pubblichiamo a puntate la lunga ed interessante lettera aperta sul Pubblico trasporto scritta da Luigi Livi

L’ERRANTE, L’ERRORE E L’EROE

LETTERA APERTA a tutti i responsabili del PUBBLICO TRASPORTO:
pubblici amministratori, gestori e cittadini
(tutti potenziali e auspicabili utenti)


PIFFERAIO MAGICO

La maggior parte dei cittadini non ha tempo per cercare di capire. Si adegua, si adatta, si abitua:

- si adegua alle scelte dei più, per esempio usando la propria auto;
- si adatta ai disagi dei parcheggi e pretende che gli amministratori ne costruiscano di nuovi (e infatti gli amministratori ne costruiscono continuamente);
- si abitua ai costi, perché è ormai rassegnato alle legnate sulla schiena.

Ecco dunque il terreno ideale per i vari “pifferai” del pubblico trasporto: politici, imprenditori, consulenti, impiegati e – perché no – anche qualche cittadino che scrive lettere.
Difendersi da questi ultimi è facile: basta ignorarli.
Nello scorso ottobre l’assessore provinciale ai trasporti ha risposto a meno della metà delle questioni postegli da un cittadino (italiano, non abbronzato, elettore, occupato e in regola con le tasse): le altre questioni passeranno alla prossima amministrazione?
Alle stesse questioni non ha per nulla risposto Adriabus. Forse le domande erano troppo difficili?
Ancor meno ha risposto Autolinee Vitali che, nonostante l’esistenza della società unica Adriabus, sembra continuare a essere il gestore delle corriere della valle del Cesano e non solo. Forse pensa che la cosa riguardi Adriabus, che a sua volta pensa che riguardi la Provincia, che a sua volta non ha problemi a liberarsi – ignorandolo – di un cittadino che rompe.
Come ha curiosamente osservato un tizio, chi critica l’organizzazione del pubblico trasporto è come il “pifferaio magico”. Come è noto, il personaggio della fiaba liberò la città dai topi; chissà chi sono i topi secondo il tizio? Quelli che gestiscono le corriere o quelli che vorrebbero viaggiarci sopra ma non ci riescono? Forse servirebbe veramente un “pifferaio” per ripulire il pubblico trasporto da quanti sembrano aver dimenticato lo squisito valore sociale di un pubblico servizio.

CADENZAMENTO O CADUTA ?

In tutta la nostra Provincia il “cadenzamento”, al costo della soppressione di linee dirette extra-urbane, è un errore. Non è un errore secondo me o secondo coloro che ne hanno avuto danni. E’ un errore oggettivo: se anche dovesse far comodo a qualche viaggiatore occasionale, sicuramente scoraggia il viaggiatore abituale che, oggettivamente, non può tollerare l’assurda dilatazione dei tempi di percorrenza che l’accanimento “cadenzatorio” ha provocato.
Commossi, ci eccitiamo per il trenone rosso che corre così tanto da impiegare 3 ore e trenta minuti da Roma a Milano; completamente indifferenti rimaniamo invece alle 2 ore e quindici minuti da Pesaro a Pergola. Il “trenone” costa un sacco di soldi, ha fatto un sacco di danni ecologici e ha tolto risorse ai treni veri e frequentati. Altrettanto è accaduto con i “cadenzamenti” di casa nostra che, insieme ai costosi totem (non aggiornati) e ai costosissimi tabelloni luminosi (non funzionanti), hanno tolto risorse alla ragionevole necessità di linee dirette extra-urbane e anche alla semplice efficienza degli orari affissi ai pali delle fermate (in gran parte illeggibili).
“Trenone altamente veloce” e “corriere cadenzate” sono un bel capolavoro di ipocrisia scientifica: gli addetti possono vantare un esplosivo miglioramento del servizio sugli standard europei ... bla ... bla e un aumento di utenza (chissà, forse qualche studente in più); intanto molti viaggiatori soffrono e devono tacere (e tornano alla propria auto).
E’ difficile dirigere il trasporto pubblico, soprattutto senza farne uso; come è difficile capire la fame a stomaco pieno o la sanità senza mai essere entrati in un ospedale. Qualcuno ricorderà quando si pensava che la terra dovesse appartenere a chi la lavorava o quando si auspicava la dittatura del proletariato gridando “potere a chi lavora!”. Sinistra, centro o destra, chi decide il destino del pubblico trasporto viaggia in automobile, spesso non sua e a volte con l’autista: queste persone potranno mai capire il senso di questa lettera?

VEDIAMO SE E’ CHIARO

Eppure sembrerebbe facile: se si desidera stuzzicare l’appetito ai potenziali utenti del pubblico trasporto – come si dice nei convegni – è evidente che occorre offrire corse dirette. E non potendo aggiungere altri chilometri, non resta che togliere alcune corse inutilmente “cadenzate” negli orari improbabili della giornata per poi ricostruire segmenti diretti la mattina, il primo pomeriggio e la sera; cioè negli orari in cui, mediamente, si ha bisogno di viaggiare. Posso anche pensare che i competenti assessori e funzionari – non viaggiando in corriera e non conoscendo il territorio nei dettagli – non abbiano chiara la situazione; ma non posso credere che i soci di Adriabus – che si occupano di pubblico trasporto da generazioni – o addirittura gli autisti, non si rendano conto degli errori di questi nuovi orari.
Se l’errore è oggettivo, per quale motivo l’errante persevera?
Il paradosso è che, pur perseverando nell’ERRORE, l’ERRANTE vuol sentirsi addirittura un EROE: “La nostra provincia può vantare fra le migliori organizzazioni del trasporto pubblico in Italia”, ha declamato in modo tristemente melodrammatico un nostro assessore. Ho avuto modo più volte di sperimentare il pubblico trasporto extra-urbano delle province di Bergamo, Bologna, La Spezia, Milano, Terni, Trento, Udine: pochi cadenzamenti e molto buon senso; bigliettazione efficiente e controlli efficaci; africani disciplinati anche senza autisti che li rincorrono con asce e bastoni. Chissà: saranno africani diversi dai nostri o diversi saranno i gestori e gli amministratori?
Il CADENZAMENTO è un lusso che non ci possiamo permettere. Nei convegni tutti piangono miseria: gli amministratori locali verso lo Stato, i sindacati verso gli imprenditori, gli imprenditori verso tutti. C’è un giovane imprenditore che ho sentito ripetutamente parlare della necessità di un pubblico trasporto più “industriale”. E’ veramente curioso questo aggettivo in un simile contesto: mentre si cerca, o si dovrebbe cercare, un modo per raggiungere quante più persone possibile e farle disamorare all’auto offrendo loro un trasporto ragionevole e a loro misura, cioè studiando in maniera “artigianale” e affettuosa di tirar fuori i cittadini dallo scetticismo (quando non disprezzo) verso le corriere, cosa chiede il privato imprenditore? Più denari per un servizio più “industriale”. Il CADENZAMENTO è “industriale”: si viaggia fitto-fitto, anche quando non serve, così si fanno un sacco di chilometri e si incassano dei bei soldi; chissenefrega se il cittadino non vuol salire (o non può).
Da uno studio della Banca d’Italia risulta che negli ultimi 15 anni il trasporto pubblico italiano ha perso utenti. Pare che in Europa “vantiamo” due primati: il più basso numero di utenti e il più alto costo di biglietti e abbonamenti. Noi, residenti nella provincia di Pesaro-Urbino, stiamo dando man forte alle statistiche.

IL BIGLIETTO, UN LUSSO PER POCHI

Chi viaggia in corriera nonostante tutto, per principio o per necessità, si trova di fronte a una ulteriore e curiosa difficoltà: pagare il biglietto. Non c’è giorno in cui non si trovi qualche corriera con la famigerata macchinetta indisposta: spesso rifiuta monete sotto lo sguardo inquieto degli onesti utenti in fila pazienti fin fuori della porta, causando la perdita di preziosi minuti e stimolando le fantasie automobilistiche. L’autista tenta eroicamente di convincere la “slot machine” con pugni e calci; qualcuno ride, molti si incazzano. Chissà come funziona la bigliettazione in Senegal o in Marocco?
“I biglietti si comprano a terra”, sentenzia qualcuno ignaro della reale difficoltà all’acquisto, visti i rarissimi punti vendita. Il problema è ben conosciuto da Adriabus ma forse non da assessori e funzionari; o forse sì ma comunque non sembrano preoccuparsene.
Da parte mia, sfido il destino: mi sincronizzo con una delle tre rivendite della tratta Pesaro-Pergola e acquisto biglietti all’ingrosso. Ho scoperto a mie spese che dieci, venti o anche cento biglietti di fascia L, al prezzo di euro 4.20 cadauno, non danno diritto ad alcuno sconto. Sono invece scontati i biglietti urbani da 1 (uno) euro. Incredulo, continuo a chiedere spiegazioni ogni volta, approfittando del cambio del personale d’ufficio. La risposta è coerente nella sua perversione: dieci biglietti da 1 euro (totale 10 euro) danno diritto a sconto; dieci biglietti per un totale di 42 euro NO. Quel NO dell’obbediente impiegato di turno equivale alla seguente affermazione: “se ti muovi in città col bus, ti diamo una mano; se invece vuoi fare ogni giorno 125 chilometri con noi, cerchiamo di scoraggiarti in tutti i modi. Chissà che non te la smetti di rompere e capisci che ti conviene viaggiare con la tua macchina!”. Chissà come funzionano gli sconti (cioè le promozioni) del pubblico trasporto senegalese o marocchino?
Sconto o non sconto, acquisto i miei biglietti e mi ostino a viaggiare in corriera: esibisco il mio titolo di viaggio a Pesaro, sulla linea Pesaro-Fano, e faccio il discorsino all’autista: “Guardi che devo proseguire fino a Pergola; come faccio a dimostrare all’altro autista che il mio biglietto è regolare se lei ora me lo strappa?”. La domanda è complessa e l’autista deve badare alla guida. Probabilmente un giorno è intervenuta l’autorità: infatti gli autisti hanno cominciato a strappare il biglietto ma soltanto per un piccolo lembo, lasciando un altro lembo all’altro collega nella corriera successiva. Così facendo il codice di controllo non sempre è leggile, né in un lembo né nell’altro, e l’utente rischia la multa. Spero che un giorno un controllore possa multarmi, così potrò finalmente andare in tribunale e confrontarmi direttamente con il consulente che ha concepito un tale sistema di bigliettazione. Che si tratti di un senegalese immigrato?

UN BIGLIETTO DA FAVOLA

Ora, per pura attività ludica, voglio provare a ipotizzare tre soluzioni di bigliettazione:

1) l’utente sale, dice all’autista dove intende andare, l’autista rivela la cifra giusta, l’utente paga l’autista (la fila scorre, l’autista non ha bisogno di imprecare e/o minacciare, l’utente non ha dubbi sui prezzi e non deve lottare contro la macchinetta)
2) i biglietti vengono venduti a terra, almeno in ogni centro abitato, e obliterati in corriera con quel piccolo arnese già in dotazione nel servizio urbano (la fila scorre, l’autista guida, nessuno deve lottare e/o minacciare)
3) si prendono di mira quei 25 mila cittadini che già viaggiano in corriera, studenti compresi; si offrono loro due piccole tesserine colorate in cambio di 200 euro l’anno (per coprire quei 5 milioni mancanti alla spesa totale del pubblico trasporto provinciale); questi magnifici 25 mila che già viaggiano saranno felici perché viaggeranno tutto l’anno spendendo una sciocchezza; in più potranno regalare o rivendere ad altri 25 mila la tesserina che hanno in più (un familiare, un amico, un nemico, un vicino di casa....); questi altri 25 mila “reclutati” dai primi, pur sganciando a loro volta 100 euro, proveranno a viaggiare scoprendo ben presto anche loro di spendere una sciocchezza. L’anno dopo è possibile che altri vogliano entrare fra i fortunati presi di mira, facendo così scendere in proporzione la cifra individuale sborsata
4) infine, tornando a fantasticare (ma non troppo), noi tutti 380 mila cittadini della Provincia di Pesaro-Urbino potremmo versare ogni anno quei 13 euro ciascuno alla Provincia, anche neonati, anziani e automobilisti irriducibili. Potremmo tutti viaggiare in corriera gratis, almeno qualche volta, senza dover prendere a calci né macchinette capricciose né abbronzati che fanno i furbi. Tutti potremmo salire, salutarci e sorridere.
Come convincere le persone a sganciare 13 euro (pizza e birra piccola) e viaggiare? Informandole e offrendo loro un trasporto ragionevole. Che cosa si intende per ragionevole? Amministratori e managers provino a viaggiare e capiranno.

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