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martedì 12 gennaio 2010

"Lo sfregio del territorio, pale eoliche su tutto l’Appennino": la presa di posizione di Italia Nostra


"L’impianto eolico di Urbania, Sant’Angelo in Vado e Piobbico - spiega Federica Tesini, Presidente Italia Nostra, Sezione di Pesaro e Fano - trasformerà di fatto le montagne del Montefeltro in un’area industriale con torri alte 125 metri, scavi per i plinti di sostegno larghi 15 metri, scavi per adattare le strade esistenti al trasporto degli aerogeneratori, altri scavi per costruire le strade di accesso alle turbine e le piazzole di servizio, uno scavo lungo 15 chilometri per interrare i cavi di collegamento alla sottostazione di Sant’Angelo in Vado. Insomma una devastazione insopportabile in un territorio sottoposto a vincolo idrogeologico, paesaggistico-ambientale, in ambito di tutela dei crinali, di rilevante valore geomorfologico, di tutela dei boschi e dei pascoli, di strade e punti panoramici, parte delle Foreste Demaniali, sull’affiorante formazione rocciosa della Scaglia Rossa e “dulcis in fundo” in area ad elevato rischio sismico.
Questo saccheggio del territorio per una produzione di energia che potrà subire “limitazioni di potenza, a causa della limitata capacità della rete nazionale”, come dichiarato nella lettera di Terna allegata al progetto, e in una situazione di scarsa forza del vento che in Italia, come è noto, è intermittente e incostante sia come direzione che come intensità! Si chiede di violentare il paesaggio e non si garantisce che l’energia prodotta sia effettivamente assorbita dalla rete!
Ma allora perché si fa l’impianto? Semplice: in Italia la rendita per le aziende è altissima: 180 Euro al megawatt ora, otto volte più alta che in Spagna e venti volte più che in Germania, dove quella eolica viene considerata un’esperienza fallimentare. E ai cittadini che cosa rimane? Oltre al danno, la beffa delle tariffe, le più alte d’Europa, grazie agli ecoincentivi che vengono caricati sulle bollette. Perché l’energia pulita qualcuno la deve pur pagare!
Ma l’assalto al paesaggio e all’ambiente non è finito, perché sono stati già presentati settanta progetti di nuovi impianti eolici nella nostra regione, di cui alcuni riservati alle più belle e incontaminate montagne della provincia di Pesaro e Urbino: oltre a Urbania, Sant’Angelo in Vado e Piobbico, ne sono infatti previsti altri a Mercatello sul Metauro, Apecchio, Cagli, a due passi dalla Riserva Naturale del Furlo, a Frontone e a Pergola. Si tratta di una serie di impianti connessi tra loro che a loro volta sono in continuità con altri nelle regioni di confine; in via di approvazione o già esistenti, trasformandosi in una vera e propria dorsale eolica dell’Appennino umbro-tosco-marchigiano. Un vero disastro! Un insostenibile assalto alle nostre montagne e alla diligenza degli ecoincentivi. Peraltro l’eolico è si una fonte rinnovabile, ma le torri del vento producono danni irreparabili all’ambiente, decapitano i rapaci e gli altri volatili, sconvolgono l’habitat della fauna selvatica e il territorio per decenni; per sempre nel caso di infrastrutture e viabilità. Producono insonnia, irritabilità e depressione ai residenti entro i due chilometri, e l’innesco di fenomeni erosivi che modificano l’assetto geomorfologico dei siti, con una scandalosa sproporzione tra costi e benefici, se si considera che possono incidere sulla riduzione della CO2 per un misero 0,2 per cento e contribuire con un marginale 1,3 per cento ai consumi finali di energia da qui al 2020; a fronte di un impatto ambientale e paesaggistico insostenibile. Con tecnologie più evolute, come il solare termodinamico, si potrebbe ottenere un risultato di gran lunga maggiore e con un consumo di suolo infinitamente inferiore. Certo occorerrebbe un piano energetico nazionale, non il caos delle singole aziende proponenti. Lo sfregio al paesaggio e il danno ambientale sono tanto più insopportabili in un territorio come il Montefeltro che vive prevalentemente di turismo e di agricoltura e dove le turbine giganti saranno visibili da decine di chilometri, sfigurandone l’immagine e l’identità ancora intatte, simbolo e icona del Rinascimento italiano".

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