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giovedì 18 novembre 2010

A Pesaro e Provincia è boom di imprese straniere. In testa edilizia, commercio, ristorazione e servizi


Un’attività su sette risulta condotta da titolari e soci stranieri

PESARO - Kebaberie, ristoranti etnici, negozi di abbigliamento. Ma anche imprese manifatturiere, di costruzioni, di servizio e di autotrasporto. Gli imprenditori stranieri, nonostante il periodo di crisi, non frenano le loro ambizioni manageriali in provincia di Pesaro e Urbino dove al terzo trimestre 2010 si contano ormai quasi 5mila imprese (esattamente 4.993), i cui titolari risultano non italiani. Il numero di aziende con a capo immigrati incrementa in termini tendenziali, dal III trimestre 2009 al III trimestre 2010, del 4% in provincia di Pesaro Urbino. Ma se consideriamo il totale degli imprenditori iscritti (dato comprensivo di titolari e soci), risulta che su 67.662 soggetti almeno il 7,4% è straniero.

L’imprenditoria etnica pesarese, secondo i dati della Camera di Commercio elaborati dal Centro studi della CNA delle Marche, risulta essere caratterizzata soprattutto dalle attività nel settore delle costruzioni e dell’edilizia: 1.266 attività pari al 13,3 del totale (9.485). Seguono le attività del commercio che contano ben 1.353 attività pari al 9,8% del totale (13.855). Nelle attività della ristorazione (kebaberie, ristoranti giapponesi, cinesi, indiani, pizzerie, etc.), le attività condotte da stranieri sono quasi 400, pari all’8,1% del totale (4.874). In quarta posizione si trovano i trasporti con 147 imprese, il 7,4% del totale (1.975). In netta ascesa anche il settore della manifattura con 665 imprese che rappresentano il 5,7% del totale (11.706). Una vera e propria esplosione la si registra invece nel settore del noleggio viaggi con 90 attività che su 1.059 imprese rappresentano l’8,5% del totale.

“Si tratta di numeri che ormai parlano da soli - commenta Camilla Fabbri, segretario della CNA di Pesaro e Urbino - e che ci dicono che ormai in questa provincia una impresa su sette è condotta da stranieri. Scorporando i dati scopriamo poi che i comunitari (comprendendo anche quelli dell’Est, sono 1.531 contro 3.462 di provenienza extracomunitaria). Cinesi, rumeni, albanesi e marocchini sono le nazionalità che spiccano maggiormente tra gli imprenditori stranieri, costituendo quasi il 42% del totale delle imprese con a capo un immigrato. Si tratta quasi esclusivamente di ditte individuali, per il 50,2% artigiane, dove la presenza femminile è tutt'altro che irrilevante”.

“Si tratta di persone sempre più integrate nel territorio che contribuiscono al sistema paese e che ormai rappresentano un pezzo del nostro tessuto imprenditoriale. Non prenderne atto sarebbe miope e quanto mai sbagliato. Nella maggior parte dei casi si tratta infatti di attività pienamente regolari che danno lavoro anche ai nostri connazionali e che producono benessere e ricchezza. Ma su queste imprese pesa ancora una rete di pregiudizi che rendono la vita di queste attività ancora più dura: dalle concessione di prestiti ai locali in affitto; insomma per un imprenditore straniero diventa tutto più difficile”.

“Per questo – conclude il segretario della CNA - occorre per questo promuovere politiche di integrazione che favoriscano l’apertura di attività imprenditoriali da parte di stranieri. Dare agevolazioni in questo senso significa anche eliminare tante attività sommerse o in nero (spesso praticate anche da italiani), che danneggiano le imprese regolari. Anche in questa provincia quelle delle attività a conduzione straniera è una realtà. Chiudere gli occhi o trincerarsi dietro ad anacronistici pregiudizi non aiuta nessuno, tantomeno la nostra economia”.

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